4 marzo 2017

L'arco ritrovato.


Quando effettuavo i primi sopralluoghi a Bisarno, uno degli aspetti fruitivi che mi attraeva di più di quel suggestivo mondo antico che ispezionavo con timida cautela, era la possibilità di ricreare l'osmosi fra l'aia e la stalla attraverso il recupero della vecchia porta carraia. Intravedevo la possibilità di un ampio arcuato portale a vista che avrebbe costituito un unicum abitativo fra la cucina grondante di profumi e sapori e una colorata e ciarliera tavola imbandita sotto l'ombra di un frondoso pergolato di vite. Uno dei capitoli de "La Toscana di Ruffino" immagina proprio uno di questi momenti dello "stare insieme" con "gusto": il pranzo di Pasqua. Quel testo racconta un immaginario pranzo di Pasqua con gli amici che si svolge proprio sotto il pergolato di Bisarno, un lastricato fra l'arco della cucina e il liso e affascinante portale del fienile che si trova nell'altro lato dell'aia, anche quello elevato a protagonista de "La Toscana di Ruffino" nella copertina del libro. Sì, i sopralluoghi e l'acquisto di Bisarno coincidevano e si intersecavano - reciprocamente ispirandosi e nutrendosi per oltre un anno - con la realizzazione de "La Toscana di Ruffino". La genesi di questo arco, venendo al dunque e alla cronaca di questo sabato variabile e perturbato, ha visto inizialmente la demolizione della spalla, della base sopra cui vi era la finestra che era stata creata al posto della porta carraia. A quel punto l'apertura è arrivata fino a terra. Poi si è provveduto a installare con una centina, una forma di legno modellata su una prova in polistirolo per agevolare i muratori a mettere i nuovi vecchi mattoni con la giusta arcuatura e a ricreare con la corretta linea il pezzo mancante dell'arco, quello centrale. Infatti, dell'antica porta carraia rimanevano soltanto due mozziconi dell'arco a doppio mattone che la definiva, la parte iniziale e la fine. Un altro momento significativo e complicato era stata la collezione del materiale murario, di modo da arrivare a questo sabato con tutte le armi affilate: avevamo bisogno di mattoni vecchissimi e non troppo lontani per misure e cromie a quelli rimasti nei due mozziconi, che sarebbero stati mantenuti e avrebbero costituito il "la". Insomma, l'effetto toppa era un rischio presente. Fortunatamente da demolizioni fatte a Bisarno in altre zone avevamo accumulato un buon numero di mattoni simili, e certamente antichi e del luogo. Una volta ricostruito l'intero arco di è provveduto a demolire (e a ricostruire immediatamente una muratura in pietra e mattoni) l'architrave in pietra con sopra un altro pezzo di arco in mattoni che altro non erano che la struttura di sicurezza della finestra rimossa. Adesso tempo per far asciugare la nuova parte di arco e le nuove murature sovrastanti e poi verranno tolte le murature ancora presenti sotto l'arco e successivamente rifinite le mazzette, le spallette di sostegno. A quel punto anche l'arco della porta carraia di Bisarno sarà davvero restituito.

Primo step: demolire la spalla, la base della finestra. Si nota anche il colmo di un altro arco sopra l'architrave della finestra che dovremo eliminare e rimurarci sopra.
Ed ecco l'installazione della centina.

Dettaglio dei vecchi mattoni trovati e che serviranno per fare l'arco originale.
I primi mattoni messi.
Si procede: uno sguardo dall'interno.
Ancora più avanti.
Sempre più avanti.
Completato!
Labor limae!














2 marzo 2017

S'io fossi resina, ar(re)derei Bisarno.

La fioritura prosegue.

Avevo una voglia che mi era rimasta fin dal 2008, anno di restauro della mia casa di San Francesco: la resina. Al solito, ho dovuto combattere con le infinite reticenze di chi vede nel mio restauro, inclusa questa scelta, uno stupro irrispettoso. Eppure la continuità contemporanea all'abitare della casa di campagna rappresenta una volontà di rispettoso e facondo dialogo col passato. Non mi piacciono le pedisseque riproposizioni museali un po' facili che spesso si vedono. L'idea di dotarmi di un "non materiale" come la resina vuole proprio sottolineare, andandone in rispettoso sottofondo, le tante vestigia delle architetture contadine che saranno ben presenti e cardinali nel recupero di Bisarno. Penso ai lisi soffitti a travi in legno e tabelle in cotto. O alle vecchissime porte in legno, che il mio suocero sta "restituendo a nuova vita" e che continueranno il loro ciclo di vita intersecandolo con il mio, e poi superandolo fino a rappresentare un po' di me quando non sarò più in questo pianeta: un aspetto che mi affascina molto quando rifletto sulle strutture portanti di Bisarno. O ad alcune architravi in legno. O alle vecchie aperture. O al forno del pane e ai suoi significati aggregativi. O alle mensolature col cotto storico a davanzale interno di molte finestre - cotto storico che peraltro continuerà a vivere nella piccionaia e nel soppalco del bagno. O alle cementine degli anni Venti che adesso sono le piastrelle del bagno ospiti al piano terra, una delle stanze già rimesse. Insomma, la resina volerà leggera e immateriale su queste strutture antiche e atemporali. Altri impiantiti, a mio modestissimo parere, avrebbero significato poco (penso al gres, sebbene se ne vedano di meravigliosi), o avrebbero introdotto una discrepanza di significati (penso al parquet, sebbene in assoluto costituisca la finitura più bella) o rappresentato una riproposizione un po' troppo scolastica (qui penso al cotto toscano, splendido peraltro, una vera pagina di artigianalità toscana e che ho mantenuto comunque in alcuni ambienti). 
Quindi, carico di queste ponderate considerazioni mi sono approcciato al mondo resina. Scoprendo al solito una infinità di complicazioni nella semplice decisione okvogliolaresina che rendono questo materiale tanto sintetico quanto naturale - un pieno ossimoro materico - ancora più affascinante e complesso. Sì, perché la resina non deve essere una alternativa fra le tante altre da scegliersi come dal gelataio si opta per i vari gusti, ma si deve avere certezza di volere andare con la resina e affidarsi a un decoratore che ne possa far emergere, come in una tabula rasa (una tela da pittore) delle partiture molto originali e che saranno uniche, proprietarie e sinestetiche degli ambienti in cui sarà posata. Quasi fosse un'opera d'arte in-site specific. Per adesso penso di aver trovato la persona giusta con la quale abbiamo iniziato una discussione tecnico - estetica sulle varie opzioni di resinatura. Se son rose fioriranno...

1 marzo 2017

L'ultimo miglio prima degli intonaci.

Sono su un treno direzione Roma. Poi nel breve di pochi giorni tornerò ancora a Roma, poi due giorni a Milano. Un su e giù sempre con Firenze nel mezzo. Viaggiare mi piace ma non ho mai troppo gradito il mezzo di locomozione treno: negli ultimi anni poi soffro anche il mal di treno. Eh si, i viaggi più lunghi mi danno quasi sempre la nausea. Strano, non soffrendo particolarmente di mal di macchina: forse l'iPad che mi costringe a stare sempre chino, come adesso. A ogni modo riesco comunque - come accade nei viaggi più lunghi in aereo o macchina - durante questo sferragliante e chiaccheroso movimento a quasi trecento chilometri orari - a sublimarmi in pensieri meno passionali e riflessioni meno impulsive. Penso a questi giorni a Bisarno e quelli passati, che stanno recando numerose arrabbiature, trangugiano tempo e disintegrano energie, senza che poi siano palesi i progressi, gli avanzamenti, gli abbellimenti. Sono i giorni che precedono l'inizio degli intonaci (oh, ci siamo davvero! Se tutto verrà fatto a modo da lunedì 6 marzo si intonaca!): ciò ci obbliga ad avere tutte le parti murarie, idrauliche ed elettriche pronte ad accogliere il vestito buono dell'intonaco. Un "ultimo miglio" da correre al massimo e che invece appare azzoppato dai tanti aspetti in atto e affrontati: una trabordanza di decisioni da prendere, problemi che sorgono, rimpalli di responsabilità, tentativi di coordinare le tante e diverse forze in campo in perenne incomprensione fra di loro. 
"C'è il tubo dell'acqua da spostare ma non ho la chiave del lucchetto". "Questi muri da pareggiare sennò ti ci va troppo intonaco". "Voglio le schede tecniche dei sanitari". "Se fosse casa mia". "Dimmi dove sarà il televisore per la traccia corretta". "Il percorso della canna fumaria va deciso". "Il disegno al centimetro della cucina certo farebbe comodo". "Il tubo della condensa del condizionatore l'hai fatto tracciare?". "La pompa di calore? sicuro? - morirete dal freddo". "Lo sfiato del bagno piccolo non è stato previsto". E infinite altre amenità che non si proiettano su progressi visibili dell'edificio (i quali almeno mi titillerebbero l'ego) ma sono tutte incombenti, importanti, stancanti. E mi vengono vomitate addosso sempre con un fare fra lo scetticismo e il dubbio, fra la noia di Moravia e la nausea di Sartre, senza mai far mancare indifferenza e saccenteria. Vabbè. Spalluccie atarassiche e testa avanti e godere di tutto: domenica per esempio ho ricevuto la visita a Bisarno di amici che da qualche mese non erano più tornati a vedere i lavori. Mi hanno dato una enorme soddisfazione ed entusiasmi da "giocarmi" in queste concitate diatribe di cantiere.

La nuova porta del bagno grande.

La torretta, con l'accesso al sottotetto.
La zona bagni, prima delle pareti in cartongesso che la definirà.
L'ingresso alla zona delle bambine.
La stanza giochi col finestrone.
Gli occhioni di Bisarno. La sala da dentro.