22 settembre 2017

Ultimo giorno di estate

Stasera, venerdì, si è conclusa una settimana di lavoro lunga e piuttosto sfiancante. Sono riuscito comunque a tornare a casa non tardi e mi sono potuto godere, sul primo filo di un tramonto settembrino, i progressi a Bisarno. La facciata interna è stata completata, così come circa metà delle stuccature nell'aia. Anche la gatta pare gradire e mi si approccia fiduciosa e mansueta mentre ramazzo un po' e mi guardo attorno le forme ben delineate dall'azzurro acceso di questo ultimo giorno d'estate. Si, incredibile, la corte ha quasi un aspetto definito e il prossimo grande lavoro sarà la definizione del pergolato e l'inerbimento della parte non lastricata. Anche dentro casa si fanno nuovi progressi e ci si prepara ai prossimi rigori invernali, grazie ai nonni che hanno lavorato sulla scala in cipresso che conduce alla torre e hanno installato dei nuovi punti luce che hanno ingentilito i corridoi verso la camera e verso la torre: ci stanno benissimo quelle lampade, non è vero?

16 settembre 2017

Un sabato di ordinaria serenità

Un sabato dedicato all'aia, a finire le stuccature nella facciata all'altezza del barbacane, io a raccogliere le noci e pulirle giocando con le bambine, Ugo a dare degli smalti ai soffitti in casa, Maurizio a gestire due falò per fare un po' di pulito attorno casa e il fumo che regala i primi odori incensati che sanno d'autunno non lontano, la Laura in tante faccende affaccendate, la gatta che gironzola sorniona qua attorno e questa sera la partita della Fiorentina e una pizza in compagnia di buoni amici. Ci sono sabati in cui non succede niente di notabile ma che corrono via veloci e tutto sommato sereni.

Si bruciano un po' di legni e cartoni
Noi tre e il fienile
La mitologica Fulvia
Si stucca anche la facciata
Il fienile e il nocio


15 settembre 2017

La stuccatura del lastricato

E finalmente si è iniziato anche a stuccare il lastricato! E come per le stuccature in facciata, anche per questa scelta (sul tipo di stucco intendo) si è lungo dibattuto, sia sul gruppo whatsapp Bisarno murature che al telefono che sul pezzo. La scelta è stata conservativa e coerente con la facciata: biocalce anche per terra. Vi erano dei contro che potevano portare a un'altra scelta, meno ecologica e con una cromia meno naturale, meno bella, più grigiastra: il cemento. "Francesco, si va di biocalce o col cemento?". Al solito, tutti propendevano per il cemento ("è più solido" - "non si intride e non fa le crepe" - "la biocalce rischia di fare un effetto zebra") ma l'idea di perpetrare una gestalt univoca di tutto l'ambiente, e perseguire un restauro con materiali organici ed ecologici, oltre a una indubbia supremazia estetica, mi ha fatto scegliere la biocalce e le sue cromie fango-giallastre.
Che ve ne pare?

Prima posatura

Asciugandosi diventa un po' bianco: occorrerà darci un po' di acido


Un dettaglio di luce mattutina fra le ombre del nocio
Sguardo d'insieme a metà circa dell'opera

13 settembre 2017

C'era una volta una gatta

In queste ore abbiamo subito a Bisarno una strana avventura, non dissimile da quella del topo raccontata qualche settimana fa: una invasione felina che ci ha un po' complicato gli ultimi tre giorni. Allora, questa la cronaca. Lo scorso venerdì notte rientro in casa dopo l'inaugurazione di Cookstock e, schifato da un puzzo pestilenziale, trovo una deiezione, una cacca, molto grande, sulla base della scala di legno che porta alla piccionaia. Penso subito a un gatto ma la mia ricerca è vana. Chiamo subito il mio amico Micio (un soprannome che niente ha a che vedere coi gatti, peraltro, ma è, sarebbe, esperto gattaro) per farglielo stanare. Viene, controlla, cerca. “Nulla” – mi fa – “se c’era un gatto l’avrei visto – sarà stata la Mignola (la mia bambina più piccola e con la nomea della dispettosa ndr)”. 
Il giorno una nuova inconfutabile prova della presenza feline: una fetida pisciatina, sempre in zona torretta. Qualcosa c’è, penso. E cerco. Ma non lo trovo. Si arriva al sabato notte. Un terribile temporale di lampi e tuoni è accompagnato da inconfondibili miagolii provenire da giù (noi dormiamo al primo piano), ma decido di non alzarmi. Arriva la domenica mattina: ci alziamo di buona lena per stanare il gatto. Siamo in quattro a cercarlo. Nulla, sembra scomparso dopo i miagolii notturni. Desistiamo. Ci avviamo tutti fuori per cose nostre. Durante il pomeriggio di domenica fa sempre più freddo e decido allora di rientrare in casa per prendere un maglione. Non faccio in tempo ad arrivare che lo intravedo da fuori dal vetro del portale della cucina - io all’esterno il gatto in cucina che scappa via velocissimo appena intuisce il mio ingresso. Riesco a captare con la coda dell’occhio - grazie alla mia vista restituita dal laser! – dove si nasconde il felino: sotto il divano nella stanza del camino. Prendo una granata per stanarlo ma non c’è verso. È terrorizzato. Io mi sento più forte di lui, convinto di una atavica superiorità di genere, anche se conosco i comportamenti animali dalle edificanti favole di Esopo e Fedro e poco più. Sposto allora il divano e il gatto scappa via in cucina. Lo seguo. Ci troviamo vicini. C’è tensione adesso. Il gatto compie un diabolico salto da fermo impressionante che dal pavimento lo porta sul davanzale interno di una finestrella che si trova sotto il soffitto della cucina. “E’ fatta – è in trappola”, penso. Apro il grande portale che separa la cucina dall’aia e cerco di indirizzare il gatto verso l’uscita, tentandolo con la scopa, per mandarlo fuori. Colpo di scena. Il mio programma frana miseramente: appena la bestia sente la scopa sfiorarlo mi si getta addosso, a volo d’angelo. Terrorizzato, ho giusto un attimo per scansarmi (per altro battendo l’anca contro il tavolo di legno) e il gatto scappa, ignorando - ca va sans dire - l’uscita dal portale spalancato, e risalendo su ai piani. Sono io adesso terrorizzato, altro che il gatto. Richiamo il Micio indispettito: “Te e la tua bravura coi gatti, meno male un c’era e la cacca l’era della Mignola”. Esco di casa sconfitto, scosso e spaventato, e svolgo la mia giornata lavorativa in Ruffino. Domenica notte: verso le 23 vado a prendere di nuovo il Micio e rientriamo a Bisarno, mentre le bambine e la Laura già dormivano di gusto. “Questa volta lo cerchiamo noi finchè non lo trovi te”, esprimo con un mirabile anacoluto per sganciarmi dalle responsabilità. Questa volta però la caccia non è difficile. È tutto intristito e mogio nel soppalco della torretta. “E’ una gattina, anche bellina”, esclama il Micio, “ci penso io, te vai a prendermi dei guanti e un po’ di cibo, io nel frattempo ci parlo”. “…”. Ligio gli porto ciò che voleva. Appena le porge il cibo, la gatta fa un altro poderoso balzo e via, la riperdiamo. Un’altra volta. “Tranquillo” – mi fa – “ho lasciato le porte aperte, è sicuramente uscita”. Si, certo. Sicuramente uscita, come no. La domenica notte non sentiamo nulla, idem nel corso del lunedì ma la sera sento di nuovo l’odore. La cerco. Questa volta la trovo sotto il camino, di nuovo irremovibile. Provo a porgerle cibo, a rendermi affabile: due giorni fa mi ero presentato con una scopa e il risultato è, comprensibilmente, nullo. Scoraggiato, vado a letto. La notte del lunedì però la gatta si fa sentire clamorosamente: miagola praticamente sempre, fa cadere un vassoio, si affaccia in camera da letto nostra per poi andarsene velocemente. Aspettiamo il mattino e la troviamo di nuovo nascosta sotto il camino, dopo una notte di scorribande. Ci rivolgiamo al muratore. Lui sì davvero gattaro. Si fascia il braccio e riesce a prenderla. La trascina fuori da sotto il camino ma, sulla soglia, gli scappa anche a lui. Fortunatamente però la gatta esce dalla porta e abbandona, dopo 4 giorni e 3 notti, Bisarno. L’ho rivista oggi attorno la casa. Mi guardava furtiva, quasi ferita, forse delusa. La sensazione è che tenterà di nuovo di rientrare dentro. Noi continueremo a darle da mangiare. Fuori, in una ciotolina di plastica. Ci serve un gatto che si aggiri per l’aia. Era stato questo il ragionamento alla base del tentativo di addomesticamento di un gatto selvatico. Poi le cose non vanno sempre come si vuole, ma confidiamo che si possa tornare a quella distanza affettuosa che aveva funzionato per tutto agosto. Solo, non la chiameremo più Fulvio, ma Fulvia, e ce la sentiremo molto più di prima nostra: la sua paura, la sua astuzia, il suo carattere, la sua bellezza, l’hanno comunque resa simpatico, quasi una di noi, una di Bisarno. In fondo, a modo mio, mi ci sento anche un po’ affezionato.
Nascosto sotto il caminetto. Vano il mio tentativo di blandirlo col cibo.

Mi guarda apparentemente dolce dal soppalco.

Balzato dal pavimento alla finestra di cucina.

Rintanato sotto il divano.

12 settembre 2017

Le giuggiole e il primo freddo dell'autunno


#Cookstock si è concluso, bene, con un buon risultato per tutti gli organizzatori e, spero, con un gustoso divertimento per il pubblico, anche quest’anno accorso in abbondanza malgrado le previsioni meteo non ottimali e bollettini ben più catastrofici di quanto in effetti sia poi piovuto (almeno a Pontassieve, vista la tragedia di Livorno di domenica mattina).
A Bisarno, in concomitanza con #cookstock, quindi dallo scorso venerdì, è piombato un clima autunnale, come se l'estate e i suoi 35 gradi che ci hanno accompagnato per due mesi fossero caduti improvvisamente in "un abisso orrido immenso ov'ei precipitando il tutto oblia" (un modo solare per definire la morte secondo l'allegro Giacomo Leopardi). Sì: è arrivato il freddo. Anche troppo per un settembre appena iniziato. E noi quattro, con grande piacere, ci stiamo abituando a una nuova Bisarno, più intima e raccolta, pre-invernale. Vivendoci dal 3 luglio e avendone vissuto solo giorni di gran caldo, è come un nuovo trasferimento. Intanto i lavori stanno proseguendo nelle parti esterne, con la definizione del lastricato dell'aia e dei marciapiedi perimetrali, sempre in lastre ad opus incertum. Gli alberi autunnali stanno maturando i loro frutti turgidi, epigonali, espressioni accese e succose, come un ultimo appassionato bacio che l'estate - una spettacolare estate - ci vuole regalare. Noci e giuggiole. Si, soprattutto mi gusto le giuggiole. Bisarno è ricco di giuggioli che riescono a crescere in questo suolo proprio bene. I giuggioli di solito sono complicati nel loro iter di maturazione e sviluppo. Il giuggiolo è una pianta che proviene dalla “mia” Siria e non si sa per quale motivo fosse molto frequente nelle case contadine toscane: ci si faceva anche un liquore, il proverbiale brodo di giuggiole. Adesso è raro e appunto difficile da far attecchire. Qui invece prospera e ne abbiamo tante nel campo attorno casa: una volta un vecchio signore a passeggio lungo la via Colognolese si presentò e ci disse di non estirpare questi alberi pieni di pruni e non troppo nobili per nessun motivo al mondo, "chè portano fortuna le giuggiole". Più che altro sono proprio buone, lo chiosai io. Mi piacciono perchè hanno il sapore del congedo delizioso alla bella stagione, perchè sembrano mela, ciliegia e dattero (ah buoni i datteri) mischiati tutti assieme, perchè non si possono raccogliere - avvizziscano e deperiscono in a short while - e quindi si devono mangiare mentre si cogliono. Ogni giorno al mio rientro serotino ne mangio una ventina, una trentina, sputazzo i nocciolini ormai con maestria nella scarpatina di confine (magari ne nasceranno altri) e poi mi chiudo in casa, con pochissime finestre aperte perchè ormai la sera la temperatura scende attorno ai 10 gradi e anche il giorno superiamo a stento i 20 gradi. Senza tralasciare l’antonomastico vento di Bisarno, che già spira con forzuta continuità. E in casa, a quanto osservo e ho già raccontato, ci stanno bene anche gli animaletti. Intanto, abbiamo tantissimi insetti dentro casa. Curioso, non li avevo troppo notati durante l'estate o forse ve ne erano davvero meno: mi capita di alzarmi - per esempio stanotte per andare in bagno - accendere la luce e osservare una fuga disperata dalla luce e dall'uomo di insetti di varie foggie e dimensioni: non sono un entemologo ma davvero ve ne sono tanti. Per adesso, ci conviviamo senza particolari problemi. Noi non accettiamo solo le zanzare, ma sarà il freddo, almeno per loro, a fare quanto prima una bella selezione all’ingresso!

Un giuggiolo contro il cielo azzurro di settembre.

Mi piacciono così: ancora un po' verdi ma già dolcissime.
Marciapiede lungo la corte esterna.


6 settembre 2017

#cookstock


Ormai poche ore e tornerà Cookstock.it, l'evento più appetitoso di Pontassieve! Siamo alla quarta edizione e ogni volta - anche dopo essermi ripromesso di viverlo con pura professionalità e maggior distacco possibile - mi trovo coinvolto, entusiasta, arrabbiato, avvinto da un “forte sentire” durante questo frenetico iter organizzativo che sta precedendo l'atteso via delle iniziative, venerdì sera alle 19. Ma ci siamo e direi che va tutto bene! E se pioverà, pace: molte attività, fra cui le nostre cantine, sono al chiuso!
Cookstock unisce il mio paese e l'azienda per cui lavoro, la Ruffino. Ci tengo a fare bella figura coi miei compaesani, coi colleghi che ci dedicano a loro volta un sacco di tempo, talento e risorse e lo impreziosiscono. Persone che sono amici oltre che professionisti esemplari, come Fabrizio Masieri e i ragazzi del Cavolo a a Merenda, Sandra Pilacchi, Riccardo Ciolli, dell'ufficio comunicazione del comune (altro grande pilastro dell'evento), lo chef Edoardo Tilli, Marta e Basheer di Nura, squisito street food indiano e, non ultimo, Stefano Frassineti, primo ideologo di Cookstock e sempre presente, seppur quest’anno dedicatosi soprattutto alla sua locanda Toscani da Sempre. Anche noi in Ruffino siamo pronti (quasi!) ad aprire le nostre cantine. Il percorso è definito, le zone di passaggio “imbellettate” e sarà altamente suggestivo passeggiare dentro Ruffino anche sotto il chiarore della luna, visto che le visite si protrarranno fino alle 22 (e inizieranno alle 11). Le passeggiate dentro Ruffino saranno guidate dai miei colleghi che, per due giorni, vestiranno gli abiti di ambasciatori del marchio. E, forti dei consensi ricevuti lo scorso anno, verranno anche ripetute le piece degli attori dell'associazioni Allibratori - strepitosi cantastorie coi quali condivisi una breve esperienza lavorativa nel 2002 e che, dalle 18 alle 22, imbastiranno nell'iconico sovrappasso di Ruffino, il ponte, una breve storia recitata sui nostri 140 anni. Inoltre, gustosa novità di quest’anno, nel piazzale della villa dentro Ruffino sarà possibile anche degustare le squisite pizze di quattro pizzaioli “trispicchiati” (i tre spicchi sono il massimo riconoscimento per un pizzaiolo e sono attribuiti dalla guida Gambero Rosso, l’equivalente dei tre bicchieri per il mondo vino), fra cui le leggendarie creazioni di Giovanni Santarpia.
In paese a Pontassieve, fra le due piazze, quella del comune e quella di San Francesco, e lungo tutto il “borgo”, troveremo il bardiccio e il lampredotto, il ramen e il gazpatcho, i testaroli lunigiani e il polpo di scoglio pugliese, gustare le sofisticate prelibatezze dei grandi chef, apprendere i segreti della schiacciata con l’olio o della pasta fatta in casa, rilassarsi in uno dei bistrot a tema a pranzo o a cena, coinvolgere i propri bambini nei laboratori a loro dedicati, ballare ai numerosi eventi musicali (quest’anno uno per piazza!), acquistare i prodotti locali dagli orti del territorio e dai presidi Slow Food, elevarsi con momenti letterari, presentazioni, incontri, o semplicemente bighellonare senza meta precisa fra le vie del paese in mezzo ai sapori, i suoni e i profumi di Cookstock.
Anche la comunicazione dell’evento è in pieno fermento. Due sono le media partnership - Radio Sieve, la mitologica radio pontassievese che allieta tutta la Valdisieve e il Mugello, e The Florentine, rivista in lingua inglese animata da una delle firme più in ascesa del giornalismo, l'inglese ma pontassievese d'adozione Helen Farrell - che racconteranno l’evento. La pagina Cookstock su Facebook è in pieno fermento, grazie all’industriosa creatività di Valentina Cerofolini e Marina Mariottini di Sinaptic, che hanno creato anche l'utilissimo cookstock.it. E - grazie a un congiunto e sinergico impegno di ufficio stampa - sono numerosi gli articoli di stampa nazionale che hanno scritto e scriveranno dell’evento. Insomma, sono, siamo, pronti. Io vi aspetto! Emozionato, contento, e comunque vada, soddisfatto! Viva Ruffino, viva Pontassieve e lunga vita a Cookstock!
La locandina di Cookstock 2017


Cosa succede in Ruffino? Ecco qua! 


E in paese? La mappa e le iniziative a Pontassieve

5 settembre 2017

Ricominciano i lavori dell'aia


Lunedì 4 settembre abbiamo ripreso i lavori dell'esterno, dedicandoci al completamento del mosaico litoico a opus incertum che caratterizzerà l'aia, un lastricato di circa 110 metri quadri che si estende dalla porta del fienile fino alle stalle di Bisarno - stalle oggi convertite nella nostra cucina e nella nostra sala - e che verrà restituito alla sua forma storica, sebbene la funzione verrà convertita da lavorativa a conviviale. 

Vista dalla finestra del guardaroba

Vista dalla torretta
Vista dalla finestra di camera
Dettaglio del canale che porterà via le acque
Altro dettaglio del canale




4 settembre 2017

L'amicizia

Sono una persona dissacrante e non facile. Mi piace stare da solo e prendere decisioni in autonomia. Talvolta appaio snob, testardo e molto egoista. Non mi piacciono situazioni che vedono troppe persone coinvolte, o far parte di ampie aggregazioni. Mi reputo scettico e sono poco conciliante, ingombrante e spesso anaffettivo. Tuttavia, e malgrado questa mia indole, ci sono valori a cui tengo in particolar modo: uno di questi è l'amicizia. Sembra una contraddizione, ma è una delle poche certezze che sento di avere. Ovviamente, inevitabilmente direi, non sono tanti quelli che sopportano di trascorrere del tempo con me, ma questi pochi sono persone alle quali mi accomuna una medesima weltanschauung (stessa filosofia esistenziale), insieme alle quali abbiamo vissuto viaggi esotici, condiviso e risolto situazioni non semplici. Insomma, amicizia intesa come "compagnia picciola" (rieccoci con questa citazione dell'Ulisse di Dante) - scelta, selezionata, impugnata - con cui crescere nel piacere di stare insieme, non una situazione aggregativa di comodo subita per passare un sabato sera non da soli.  
Ieri abbiamo aperto l'aia di Bisarno - ancora dissestata, incerta, caotica - a un gruppetto di questi amici speciali (non sono poi così pochi a dirla tutta: sono fortunato in questo) ed è stata una giornata bella, serena, spensierata, divertente, profonda e leggera, iniziata che non era ancora mezzogiorno (e stavo aggeggiando il tavolo per studiare la mise en place) e conclusa oltre le dieci della sera. Con l'aperitivo, le chiacchiere allegre, le noci e le giuggiole raccolte, un pranzo della nonna 2.0 con gatzpacho, del polpettone al pomodoro e fini vini francesi, i bambini che giocano, un ape che punge, una merenda "digestiva", una vana caccia al topo, dei refoli di vento fresco che ci hanno fatto sbraciolare nelle sdraio, anche momenti di riflessioni più cupe, una cena decisa lì per lì, cambiando l'apparecchiatura e imbastendo uno spaghetto al volo con del buon vino, questa volta italiano, piemontese per la cronaca (non che fosse mancato a pranzo, o a merenda, o all'aperitivo), qualche aneddoto licenzioso a spettegolare, fino al conclusivo "è tardi, domani è lunedì - dobbiamo andare".
Bisarno è una sfida complessa, una sfida che però trova ragioni e animo proprio in giornate memorabili come questa domenica e grazie ad amici preziosi che le donano significato e valore e ai quali voglio davvero bene.

I pargoli!
Preparativi per il pranzo.
Relax postprandiale
Amiche bellocce!
"Si butta uno spaghettino e si resta a cena?"
Suggestiva foto dei tavoli della cena fatta dall'amico fotografo!

2 settembre 2017

Settembre


Un fresco vento settembrino ha spazzato via l'afa degli ultimi giorni e ci ha preparato a un anticipo di autunno, una stagione che ha i colori più vivi e i profumi più intensi ma in sè anche i prodromi silenziosi della necrotizzazione invernale. Il lavoro è ripreso totis habenis, a gran ritmo, e la corsa verso Cookstock, il grande evento di Pontassieve che ci vede con Ruffino protagonisti, è entrato ne suo ultimo miglio. Oggi, un rilassante sabato di buona cucina, gustoso vino (Passopisciaro, contrada S) e gradite visite (è venuta Mia, la migliore amica della Mati, per una sessione di gioco che ha impegnato le Upupole per buona parte del pomeriggio), il NonnoCiccio ha lavato parte della facciata verso l'aia, sopra e attorno l'arco della cucina, restituendo le cromie terrose e ferrigne della pietra alternata al mattone che me la rendono così irresistibile. Adesso è ancora più bella se possibile! Abbiamo (ha, dovrei dire, ma la buona volontà non mi manca mai) installato anche un faretto led esterno sopra l'arco della cucina, un esperimento per vedere se e come la muratura a vista verrà valorizzata da questa illuminazione che vuole essere negli intenti coreografica ma non eccessiva e volgare. Per la cronaca e gli appassionati delle serie a puntate col lieto fine sapientemente rimandato ad taedium, ieri sera si è di nuovo palesato il topo - forse un altro? - nella camera da letto e io ho miseramente fallito di nuovo la cattura, peraltro non facile. Mi sa che dovrò prendere provvedimenti più drastici. A partire dai due gatti adottati all'uopo - Fulvio e Bianca - ai quali forse l'alimentazione da me provvista ha fatto loro svanire lo smalto predatore e la carica agonistica per cacciare via i topolini. Del resto, dovremo imparare a convivere con la fauna di Bisarno, volenti o nolenti. E se i caprioli, gli istrici, il gufo, i leprotti, i fagiani sono stati disneyanamente accolti e salutati nei loro pellegrinaggi per lo più notturni nella corte da tutta la famiglia, dei calabroni, delle vespe, delle zanzare, e soprattutto dei topi e del gigantesco cinghiale palesatosi giovedì notte rumoroso e luciferino a mangiarmi le giuggiole avrei fatto volentieri a meno. Lo abbiamo sentito e poi osservavato dalla specola della nostra camera inerti e un po' inquieti, fin tanto che, improvvisamente spaventato da un nonnulla (non le nostre urla che lo invitavano ad andarsene), si è dato alla fuga nel campo adiacente. 

Una squadra ben organizzata per montare una lampada

L'ottima cena in un ridente venerdì: è fresco, si mangia dentro...
Meglio fare da soli...


28 agosto 2017

Zia Dada e la Costanza nascosta

Vacanze concluse. Di nuovo a casa dopo quattro deliziosi giorni trascorsi dagli zii nel mare di Porto San Giorgio, nelle Marche. Che bella sensazione al rientro introdursi nella strada sterrata di Bisarno, a parte l'aver pestato una cacca felina davanti l'ingresso, deiezione di uno dei gatti assoldati per proteggerci dai topi e che, ne porto le prove sotto una scarpa, in nostra assenza sono stati egregiamente alimentati dal NonnoGugo.  Nel viaggio di ritorno abbiamo intrattenuto le bambine (sono bastati 10 minuti prima che cadessero nel sonno più atarassico) con il gioco della memoria: ognuno avrebbe dovuto raccontare cosa sia loro piaciuto di più di questa lunga estate, iniziata a fine maggio con l'abbandono dell'amato nido di San Francesco, proseguita con una tonificante settimana di stasi nella dannunziana pineta di Roccamare in Maremma, gli emozionanti ed euristici primi giorni a Bisarno, il lungo viaggio verso Bruges e le affascinanti città fiamminghe, il rientro nella vita da bisarnesi, con la cugina dall'Inghilterra e gli amici di Milano come ospiti e una Bisarno sempre aperta con scanzonate libagioni nell'aia, fino ad arrivare appunto a questo fine settimana lungo in quel di Porto San Giorgio. Col gioco del ricordo non solo intratteniamo le bambine nel noioso rientro, ma tatuiamo loro addosso il senso del passato e la percezione affettiva e sentimentale dell'esperienza vissuta, con la certezza che ogni giornata così ricca e diversa dalla solita quotidianità permetta loro di arricchirsi e di diventare persone  aperte, curiose ed entusiaste. Il gioco, come ogni momento che ci coinvolga tutti e quattro, é stato accolto con euforia. Quindi: "La foca e il vento a Ostenda". "Le patatine con la maionese ad Anversa". "La foto coi cigni a Bruges". "Io che vomito quasi arrivati sull'astuccio e sulla valigia" (ndr. esclamato da Matilde in riferimento ad abominevole e maleodorante conato ormai alle porte di Augusta, citt d'arrivo, dopo ottocento chilometri percorsi). "Il babbo-canotto!" (ndr. Costanza, in ricordo di lei che amava fare il bagno aggrappata sopra di me nelle acque di Porto San Giorgio). "La carrozza nel lungomare in Belgio". "Le cozze!". "Le partite a Indovina Chi a Bruges e una volta ho vinto io". "La nave in città" (ndr. gita in battello per i canali di Bruges). "Il tappeto elastico in Norvegia!" (nel gioco va bene tutto, anche i ricordi confusi di due anni fa, quando avevamo trascorso due settimane attorno a Trondheim). "Le cicogne" (a Colmar, nel viaggio di andata verso Bruges). Infine, e soprattutto, un entusiasta e all'unisono: "La ziaDada!" - "Si, la ziaDada e la Costanza nascosta": ho rimarcato io per dare un titolo a questo momento apicale delle vacanze. Eh sì, la ZiaDada nei giorni appena trascorsi di Porto San Giorgio ha reso favoloso il soggiorno per le bambine (gavettoni, castelli di sabbia, pesciolino per cena, "ci racconti di quando eri piccina e combinavi guai?) seppur ci sia stato un piccolo diversivo. Ecco quanto: dieci minuti prima di tornare a casa dall'ultima giornata in spiaggia - io a farmi un solitario bagno in mare, la Laura immersa nella lettura di Zola - ci arriva una sconvolta e trafelata ZiaDada: "Laura, Laura, non trovo più la Costanza". "...". Per la cronaca le bambine, insieme ad altri bambini, stavano giocando al parco giochi a inizio stabilmento, sorvegliate dalla zia. A un certo punto, la zia perde di vista Costanza. Così la zia e le altre mamme, e altre persone accorse in aiuto e a curioseggiare iniziano a cercarla, chiamando a gran voce Costanza. Niente. Passano circa 10 minuti. Eterni. Rieccoci alla zia che ormai disperata arriva da noi a comunicarci la ferale notizia. La Laura esce dal naturalismo francese in cui era assorta per scontrarsi col verismo genitoriale: scatto nevrotico e singultanti cenni col braccio al sottoscritto - in rilassante abluzione marina: "Checco, viene, non si trova più la Costanza". Corriamo tutti affannosi verso il parco giochi dove la Mignola era già riapparsa e ci guardava sorridente. Si era nascosta. "Costanza ma non sentivi la zia chiamarti e urlare?". "Si, ed era divertente". Disarmante la sua malizia. Ci riprendiamo tutti con una doccia fredda. I vicini di ombrellone accorsi ad aiutarci ci biasimano. La zia se ne torna a casa per una lunga sessione in bagno a liberare finalmente la tensione di quei 10 interminabili minuti: eh si, "La zia Dada e la Costanza nascosta", uno dei tanti ricordi indelebili di questa estate, senz'altro per la ZiaDada.

Sguardo angelicato e fare diabolico: la Mignola
La zia Dada con le sue Upupole


26 agosto 2017

Ulissismo

Sprecare il mio tempo: non lo sopporto più. Non l'ho mai accettato troppo ma ora che sono entrato nella quarta decade di vita trovo totalmente intollerabile fare cose che non mi piacciono e dalle quali non consegue niente. Mi prende il nervoso e non sono produttivo. Ci sono tanti aspetti del mio io su cui dovrei lavorare ma non questo: mi piace molto questo lato del mio carattere, apparentemente schivo e snobistico, che come un demone mi ha sempre insegnato a cercare l'emozione, a viaggiare indefesso ed essere curioso e aperto, a lasciare un segno, a leggere bulimico e onnivoro, a stare tanto solo con chi voglio e ancor di più con me stesso. A perseguire, con poche fidate persone, progetti e sfide complesse e a lungo termine, che proprio per la loro difficile esecuzione riescono a scuotermi da una sorta di spleen accidioso a cui tendo di indole. Per questo sono sempre stato rapito dal più bel canto dell'Inferno dantesco, il XXVI, quello di Ulisse, della "compagnia picciola" con la quale affronta il "folle volo" del viaggio verso l'ignoto perchè spinto dal demone della conoscenza: "fatti non foste a viver come bruti ma a perseguire virtute e canoscenza". Mi ci immedesimo e ritrovo nell'ulissismo, nel modus vivendi del "re delle tempeste", come lo definiva un ammaliato ed emule D'Annunzio. E grazie o per colpa di questo ambivalente demone, che mi sprona e possiede da circa venti anni, sono la persona che ho cercato di essere: non pigro di noluntas degli ignavi ma con le cicatrici, le ombre e le rughe dei viaggi da compiere.



21 agosto 2017

La cucina

Le 20 di una serata quasi settembrina, per colori e temperatura. Si è calmato anche il vento e stasera possiamo di nuovo mangiare all'aperto. Ho fame e i profumi che sento nell'aria accarezzano l'attesa. Laura sta cucinando e io ne intravedo le movenze felpate e sicure indaffarate a preparare un farro della Garfagnana con una ratatouille di verdure che ci hanno dato i nostri vicini dal loro orto. Una immagine molto viva, come se, qua fuori seduto nell'aia, osservassi un quadro animato, una macchia di colori cangianti, con Laura incorniciata dal portale ad arco e accanto a lei le forme della mia cucina dei sogni. Si, più passano i giorni e più sono, siamo stregati dalla nostra cucina, secondo me un capolavoro di linee semplici ed eleganti, cortesi e colorate, gentili e aggraziate disegnate dal nostro arredatore. Un po' del mio c'è - sono un committente con le idee chiare e i gusti ben precisi e con Cristiano, il designer, c'è proprio una comunanza di visioni - ma è soprattutto lui ad avere i meriti di questo progetto. Da tanto volevo dedicare un post alla cucina ed é arrivato il momento, sebbene manchi ancora il lampadario a caduta che andrà sopra il tavolo. Allora, la mia cucina. L'aspetto che più colpisce è la luce e l'osmosi con l'esterno. Il portale ad arco regala interazione con l'aia e illumina, insieme ad altre due finestre con le soglie in cotto storico, di una gentile e serena luce chiara, tutto l'ambiente. Il soffitto, a travi e correnti, è stato verniciato in bianco per esaltare ancor di più questa solare profondità e per dare maggiore slancio. Inoltre, sono belli, bellissimi di per sè. Tanta luce bianca calda quindi che va a baciare e riflettersi in elementi semplici e cromie archetipiche, come il cocciopesto aggregato con resina con cui è realizzato il pavimento: il cocciopesto resinato un po' ricorda i tradizionali pavimenti in piastrelle di cotto, un po' se ne allontana, introducendo un trattamento moderno di un materiale secolare quale l'argilla. Innovare senza tradire. I moduli della cucina sono in legno decapato bianco, cosi come il top in quarzo. Un altro elemento architettonico distintivo è la cantina-libreria-dispensa a giorn che è costruita in rovere biondo attorno a una finestrella. Nella cantina-libreria-dispensa trovano alloggio la nostra collezione di pubblicazioni enogastronomiche, fra cui il libro La Toscana di Ruffino ca va sans dire, delle mini cantinette per i vini pret à boire e diverse cassette di legno, prima per il vino e che adesso fungono da scatole dal sapore shabby e accolgono il pane, le verdure e alcuni elettrodomestici. La stessa finitura di rovere biondo della cantina-libreria-dispensa è riproposta nel sobrio tavolo in assi di legno che si trova al centro della stanza, esaltato nella sua bellezza essenziale da delle seggiole, riproduzioni di un celebre modello in stile Nordic. Il blocco cottura (induzione e forno a doppia camera), free standing, è in ghisa e acciaio e permette a Laura di togliersi tutti gli sfizi culinari. Il piano a induzione è sormontato da una spigolosa cappa in muratura di concezione tradizionale: se ne vedevano tante nelle fattorie contadine. Un altro elemento che unisce rottura e continuità e che presenta vividi cromatismi barocchi sono le ceramiche di Caltagirone del paraschizzi lungo il piano di lavoro: una greca multicolore che sembra quasi "firmare" e caratterizzare la nostra cucina. Infine, un particolare che sancisce l'universale, la gestalt di tutta la stanza, le stoviglie: per i piatti e per i vassoi abbiamo optato per un artigiano del Casentino che produce delle variopinte ceramiche, le stesse che avevo scelto per il libro La Toscana di Ruffino. Sono tenute a viste nel pensiero a giorno. La più suggestiva far queste ceramiche, una fruttiera arancione, domina il centrotavola. Il quadro complessivo afferisce a uno stile classificabile come country chic ma a me piace l'assunto che abbia elementi costitutivi che sono propri solo e soltanto di Bisarno, in site specific insomma, e che la rendono unica e non facilmente omologabile. Soprattutto a noi la nostra cucina piace tantissimo perché sa accogliere e mettere a proprio agio, perché sa unire la convivialità a una sobria e affettuosa bellezza. E grazie a questa cucina ci dilettiamo nella piacevole arte dell'accoglienza. Come una volta, per il gusto di stare insieme in buona compagnia, con tanto cibo e una, anche due bottiglie di vino, molto spesso di Chianti Ruffino nel nuovo fiasco, a voler creare un ponte con ciò che era la Toscana contadina dei nostri nonni che vivevano in case come questa, e il nostro presente più fortunato e meno difficoltoso e che si apre a nuove influenze pur avendo radici etiche, culturali e gastronomiche in quel mondo antico. Cena pronta: Laura ha quasi finito di cuocere il farro. Vado ad apparecchiare. Le bambine ciarlano dentro davanti alla TV e reclamano l'aperitivo (di solito un pomodoro a crudo o un pezzettino di formaggio per tamponare la fame). Nel mentre che scrivevo il sole é del tutto tramontato ed é quasi freddino. Eh si, "l'estate sta finendo" come cantavano i Righeira. Ma seduti fra le lastre dell'aia, indossando la felpa e scaldandosi con questo buon Chianti, penso proprio che riusciremo ad allungarla ancora un po'!

L'ingresso ad arco della cucina visto dall'aia

Entrando dalla sala

Sguardo verso la sala con le mappe vinicole




Un angolo della cucina, con fiaschi e caffettiera
Dall'ingresso verso acquaio e frigorifero
Dall'acquaio verso l'aia

Abitudini e consuetudini

Vivere Bisarno implica nuove abitudini. Ricordarsi dove abbiamo lasciato le chiavi. O al rientro in casa dove appoggiare i giubbotti. Lo stoccaggio della dispensa. Cosa lasciare in lavanderia. La gestione degli strumenti di lavoro in cucina: i più belli tenuti a vista e i necessari nascosti nei pensili. La casa è piuttosto grande e maciniamo passi visto che la memoria della nuova organizzazione è ancora fallace. Un giorno le abitudini conquistate si faranno grandi e le chiameremo consuetudini. Ci vorrà un anno, forse di più perché Bisarno è ancora parzialmente arredato e ogni volta che si creano nuove situazioni organizzative, figlie di un nuovo mobile o di uno spazio ricavato, queste spaginano tutta la nostra mappatura faticosamente tenuta a mente. Oggi siamo soli io e le bambine, è una classica giornata ventosa dove tutto svolazza. Ci siamo gustate un pranzo sano (caprese e insalata di rucola, carote e pomodori, ingentilita dall'aceto balsamico, semi di zucca, grana e olio), visti in DVD Ratatouille per esorcizzare il fatto che il topino prospera nè più nè meno di noi a Bisarno, disegnate mille fantasie ed esplorato la casa, come se fosse una casa vacanza. L'umore della ciurma è ottimo e conferma la piacevolezza di questo atipico agosto fra amici, vino, parenti, cene all'aperto, muratori e artigiani.


Il topino disegnato da me, come lo ricordo appena avvistato

Le Upupole a disegnare in sala

18 agosto 2017

Tre bambine, due veri uomini e un topino.

Quasi le 22. Solo abbandonato su una sdraio nera sull'aia ancora dissestata. Cicaleccio notturno e strani rumori qua attorno, forse dei ricci a disperata ricerca di qualche radice. Dopo una settimana tonda di ospiti e cene, stasera ci siamo ritrovati solo noi quattro. Ritmi un po' più blandi, la TV accesa forse anche un po' troppo a lungo per badare le bambine e noi grandi a organizzare gli spazi della nuova casa, che giorno dopo giorno prende forme sempre più accoglienti. Intanto, l'urto di viverci in 7 si può dire che sia stato retto discretamente, malgrado ancora manchino le porte per un po' più di privacy e le tende per tamponare la luce. Pare proprio che Bisarno si realizzi quanto più la si apra a ospiti. Non a caso guardandoci negli occhi a cena ci siamo anche sentiti un po' smarriti. "E stasera chi viene a vivere qui?" - ha chiesto la Mignola. Del resto è stato proprio bello, per lei e la Mati, trascorrere del tempo, il manualistico "quality time", coi ganzissimi zii inglesi - che hanno ingentilito la convivialità con barbecue e deliziose tagliatelle fatte in casa - e soprattutto con la mia nipotina Giorgia. Giorgia, dopo le prime ritrosie e un certo aplomb british nei confronti delle chiassose cugine terrone, ha finito per combriccolare con loro creando un curioso, solare e scorribandesco ménage a trois. Manco 15 anni in tre e una vocazione inesausta al gioco, al danno e all'avventura, infiammata (con mio sommo scorno) dalla più piccola della "compagnia picciola", e che iniziava alle 7 del mattino per concludersi non prima delle 22. 
E a corredo di una divertentissima settimana, la penultima sera, noi veri uomini, abbiamo anche dovuto affrontare una piccola emergenza domestica, che ha posto in secondo e terzo piano le bizze dell'acqua calda e il black out al piano cottura (oh, casa nuova con tagliando in fieri!): rientrati a ora tarda è stato infatti avvistato un topolino di campagna far capolino da dietro la grande vasca nel bagno di Bisarno. Già a letto nelle rispettive camere io e il mio cognato Simone ci siamo alzati pronti alla guerra. Esteticamente, il roditore era finanche grazioso e somigliava clamorosamente al Ratatouille disneyano, il topino chef parigino. Stanatolo (grazie ai miei ingegnosi e teoretici piani di azione a priori che cozzavano con l'ardire ad agire del mio cognato) e vistosi all'angolo, il topino si è alzato sulle due zampe e ha fatto il musino, intenerendo il mio cognato dal "cor gentile". Io confesso che gli avevo suggerito di impalarlo, come ci avrebbe consigliato del resto NonnoCiccio, il di lui babbo. "Maddai poverino - non vedi che è terrorizzato, Francesco? Cerchiamo di catturarlo". Certo, facile. Dopo aver scardinato la vasca per non farlo rintanare lì sotto e bloccato ogni via di fuga dal bagno ("Sono sicuro che non può arrampicarsi nè saltare, è così piccolo), io con l'aquilone di Matilde a mo' di bastone per indirizzarlo e Simone con un asciugamano per bloccarlo e poi "buttarlo via dalla finestra" - entrambi a torso nudo e coi calzini di spugna messi all'uopo per evitare il ribrezzo di una camminata sorcina sui nostri piedi - ovviamente il topino, arrampicandosi e saltando, ca va sans dire, è scappato giù a velocità supersonica dalle scale, rese anche più sdrucciolevoli dalla resina, dileguandosi in qualche anfratto del piano terra e condannandoci a una sconfitta morale che brucia quasi più dell'idea di dover condividere la casa con un roditore arguto e dal muso tenero. 
Addendum alla storiella. Tornato a letto scornato e sudato per la tensione (anche una zanzara nel mentre dei tentativi di cattura mi aveva fatto sobbalzare) ho consultato WikiHow dal mio Ipad. L'indomani di prima mane mi sono attrezzato con un chilo di cibo per gatti preso alla Coop, più economico del sistema a ultrasuoni per allontanare i topi, meno astruso degli oli essenziali di menta e meno complicato delle trappole vischiose. E da oggi - ho per l'appunto appena interrotto la scrittura di questo post per andare a riempire la ciotola - abbiamo due gattoni a pensione (un po' emaciati a dir la verità e temo anche meno scattanti di quanto servirebbe, ma confido nel potere ricostituente del cibo) per tenere pulita l'aia e la casa di Bisarno dai topi, che seppur arguti e dal muso tenero, se fosse per me verrebbero tutti impalati (azzannati va bene uguale, anzi meglio) ben prima che avessero l'ardire di intrufolarsi entro la mia casa...


Figlie e nipote in attesa della cena nell'aia
Pasta fatta in casa: tutti contribuiscono
Gatto scacciatopi
Relax nell'aia