15 aprile 2017

Le verdi ciliegie di Bisarno.

Metà aprile. Pasqua alle porte. A Bisarno si intravedono le prime ciliegie, seppur verdi, dai due alberelli dei tanti che arricchivano i campi della zona: il rosso turgido e profumato del frutto maturo arriverà in un mese circa: più o meno per i miei fatidici quarant'anni e nei giorni del trasloco verso questa nuova vita campagnola. Se mi arrivasse oggi la fatidica domanda ("A che percentuale dei lavori sei?") - domanda che a suo tempo mi indispettiva e intristiva - potrei rispondere che sono quasi al 90%. Incredibile anche per me. Certo, parlo dei lavori murari eh, per gli arredi c'è tempo. E questa constatazione, questa illuminazione, dopo mesi nervosi, oppressivi, malaticci, isterici e arrembanti, sensazioni peraltro tutte ancora in atto, mi pacifica almeno un po' il cuore e mi permette un primo, seppur tiepido, immaturo e verde, sorriso: come queste imperfette - ma con in nuce già tanta bellezza e bontà -  ciliegie di Bisarno alle porte di Pasqua 2017.

Ciliegie verdi.

12 aprile 2017

L'esercizio dell'ottimismo.

I giorni corrono. I miei propositi di acquisire lentezza come la Tartaruga di Lauzi assomigliano molto a un autoinganno sveviano: nobili ma poi la realtà mi impone altro. Sono rientrato dal Vinitaly e adesso sto scivolando verso sud a bordo di un treno che mi porterà nell'urbe per una intensa giornata di lavoro. Treno che mi piacerebbe anche come mezzo, se non lo soffrissi più di quanto soffrivo una girata in auto sul Muraglione quando ero bambino e, soprattutto, se non fossimo, io e chi è più pendolare di me, vessati sistematicamente da disservizi, ritardi sistematici e arretramento tecnologico imbarazzante: ieri a Verona non funzionava il server per un cambio di prenotazione - treno per la cronaca poi arrivato con robusto ritardo a Firenze. Stamani mattina non funzionava la biglietteria elettronica e ciò che mi ha infastidito è il disinteresse del personale palesato al momento della mia segnalazione - treno poi per ma cronaca partito con dieci minuti di ritardo. Vabbè. Il Vinitaly è stato intenso ma ha funzionato concentrare in due giorni i principali appuntamenti. Sono rientrato stanco anche per le non perfette condizioni di questi mesi ma tutto sommato soddisfatto. E intanto, assorto in questo viaggiare lavorativo, sono ben tre giorni che non vedo Bisarno: devo gestire l'astinenza! Si perché vivere così a stretto contatto gli avanzamenti dei lavori mi ha generato questo sentimento bivalente di odio-amore: mi sento stranito a non esserci in queste ore, in astinenza appunto, ma anche un po' più rilassato. Comunque, non avró fatto sopralluoghi nelle ultime 72 ore ma ovviamente non sono mancate (quando mai) telefonate, mail, messaggi per assicurare che il flusso di lavoro in cantiere abbia meno inciampi e incertezze possibili. Il livellante al primo piano è pressoché posato. Stiamo stuccando le due pareti della scala che lasceremo a vista. I davanzali in cotto storico sono stati tutti edificati: splendidi. Abbiamo fissato il giorno dell'installazione del camino e la prossima settimana faremo le coibentazioni interne per poi rivestirle in cartongesso, così come inizieremo a trattare e verniciare i correnti e le travi, opera dalla quale mi aspetto egregi risultati: sono soffitti storici e abbiamo tentato di recuperarli il più possibile. Dovremmo purtroppo rifare delle sistemazioni murarie alle tre finestre arcuate ma abbiamo soluzioni buone. Fortunatamente la data di consegna della pompa di calore non è così remota come temevo. L'idraulico farà i bagni a fine mese e poi proseguirà con l'installazione e il famigerato shock termico dei massetti, da fare prima della chimerica posa della resina, ultimissimo lavoro prima degli arredi. All'esterno prosegue la trasformazione del porcile in centrale termica - giorni e giorni di lavoro - e oggi riprendiamo anche le stuccature sulla facciata a pietra, vero vanto storico-estetico del podere. Insomma, Bisarno prepasquale è una miscela molto equilibrata di bianchi e neri, di mezzi pieni o mezzi vuoti, di problematiche e risoluzioni, di costi o investimenti, di emozioni e nervosismi. L'esercizio dell'ottimismo è più che mai necessario e fondamentale perché ogni lettura di questo periodo può essere legittima e non vedo quindi perché non far prevalere quella più solare: tanto più che le dolci temperature primaverili di queste ore aiutano.

9 aprile 2017

La tartaruga, Vinitaly e una veloce lentezza.



Questa sera, alle 22.00 del 9 aprile ho cominciato il trasloco per Bisarno. Vestiti invernali, che ho migrato dall'armadio verso una scatola di cartone per adesso addossata al nostro letto. Lentamente, senza subire la fretta che ci attanaglierà nei giorni di passaggio fra fine maggio e inizio giugno. Sì: é ufficialmente iniziata la lunga transizione verso la nuova casa. Mi ha fatto effetto, molto, come le parole della "Tartaruga" di Bruno Lauzi che le bambine adorano, e che solo oggi - sarà un caso? - ho ascoltato attentamente nel viaggio di ritorno dopo un breve ma riuscito detour al mare di Castiglioncello. Dice la canzone che, una volta, la tartaruga fosse un animale che correva veloce. Fin quando non ebbe un incidente, "si rompe qualche dente", e nel rallentare "trova la felicità": "un bosco di carote, un mare di gelato che correndo troppo non aveva mai notato", e persino l'amore: "un biondo tartarugo corazzato". Una favola con morale sotto forma di allegra canzonetta per bambini che ho proiettato su di me, sulle mie ansie, sulle mie volontà di controllo e sulle mie preoccupazioni, tutte vissute a pieni ritmi, "correndo troppo" appunto: e se rallentando non trovassi anche io la mia felicità? I miei equilibri? In ogni mia situazione: nel restauro di Bisarno, ma anche a lavoro, rifletto mentre preparo la valigia per il Vinitaly di domani. Con quanta smania ho sempre affrontato i Vinitaly, soprattutto i primi, per esempio? Quasi come se per me avesse sempre contato il dover esserci, il salutare tutti, il voler partecipare al circo, il cercare di essere un ingranaggio che non cigola. Questo sarà il Vinitaly numero quattordici e i miei approcci sono lentamente cambiati, edizione dopo edizione. Il primo, ancora stageur al Chianti Classico, ebbi l'onore di salire per una mezza giornata, il venerdì, e ancora ricordo l'emozione di quella conquistata prima volta. Non riuscii neanche a fare troppi assaggi: mi imbarazzavo a chiedere. E che fila al ritorno in auto. A Vinitaly ho vissuto Velenitaly. Ho subito un attacco stupido dal Corriere della Sera sui Tavarnelli di Montalcino. Una volta col mio collega Damiano ci siamo trovati a dormire in una stanza di universitarie che avevano lasciato la camera senza cambiare lenzuola, togliere le spazzole accanto al lavabo, svuotare i comodini e pulire la cucina e la casa. Un anno presentammo un Syrah buonissimo, oggi neanche più in portafoglio, al ristorante di Giovanni Rana in un folle fuori salone. Durante uno dei miei Vinitaly é morto Giovanni Paolo II: quel giorno una Fiorentina oscena e sgangherata pareggiò 3 a 3 con la Juve. Gran gol di un giovane Pazzini, peraltro. Al Vinitaly rivedo amici da tutta Italia e saluto colleghi dal mondo. Questo aspetto mi ha sempre sedotto. La sera Verona poi é bellissima. Nel 2011 durante una passeggiata notturna, stranito per l'imminente rivoluzione che avrebbe riguardato a breve la mia vita, osservavo la vetrina di un negozio di abbigliamento per bambini, "Le petit bateau": di lì a pochi mesi sarebbe arrivata Matilde. Penso alle volte in cui sono riuscito a godermi uno spritz prima di ingaglioffarmi in cene dove si gusta cavallo e ci si appesantisce con l'Amarone, che manco mi piace, e a godere della compagnia dei colleghi. Lo scorso anno avevamo dato il lá alla splendida avventura de "La Toscana di Ruffino" con una presentazione in mezzo al caos, dove ricordo dovetti urlare per farmi sentire. Ma che emozione! Il nuovo stand di due anni fa, che sostituì il vecchio che proprio non potevo vedere: sembrava un ospedale con quei toni bianchi e le luci al neon. Ora il nuovo padiglione  è fra i più belli della fiera e racconta con eleganza e stile "la vita Ruffino". Il primo Vinitaly da Ruffino, il quarto in totale dopo i primi tre da galletto nero, trascorsi tutte le cene insieme agli ex colleghi del Chianti Classico: certo non ci feci bella figura coi nuovi, ma quanto mi mancava il Consorzio. Al secondo Vinitaly, ancora non coinvolto professionalmente, salii a Verona per puro divertimento e voglia di assaggi insieme all'amico Roberto e dormimmo in un convento in mezzo alle suore. Un anno il clima aziendale era così peso che evitai accuratamente ogni cena. Un altro mi presero in giro perché mi muovevo con un impermeabile beige di due taglie sopra che avevo ereditato dal nonno deceduto e obiettivamente mi stava enorme, oltre a farmi apparire fuori dal tempo. Per questo Vinitaly vado con una spavalderia e sicumera tale da permettermi una giacca rosa. 
Eh si, quattordici Vinitaly sono tanti, ma in fondo sono contento di averli vissuti tutti e progressivamente di aver saputo acquisire una veloce lentezza. Come la Tartaruga e come spero di trovare anche per Bisarno e per tanti altri aspetti della mia vita privata e del mio carattere.