Ho appena aperto una bottiglia di Rancia 2001, uno dei Chianti Classico che preferisco: Felsina. L'occasione é importante: ieri, 24 settembre, ricorreva il trecentesimo anno dal bando del granduca Cosimo III che primo in Europa definiva alcune fra le più importanti zone vinicole toscane. Rancia scorre elegante, sottile e in bocca é ancora presente, quasi setoso. Mi ricordo le mie tante visite dal professore Mazzacolin nel borgo di Felsina, a cavallo fra il Classico e il Colline Senesi. Erano gli anni del Consorzio, il 2005, delle mie peregrinazioni continue tra vigne e cantine, a cercare le sfumature, le differenze, le complessità di quello che subito divenne, e non lo nego lo sia ancora, il mio vino del cuore, checché i miei natali siano in un altro Chianti, quel Rufina "verticale" (come la Genova in Litania di Caproni) che spesso viene equivocato con Ruffino, dove lavoro adesso, da quasi 10 anni, in una "sottile linea rossa" che mi unisce a territori dall'anima così vicina così lontana. Mi verso un secondo calice - la bevibilitá del Chianti Classico é uno dei suoi punti di forza: carezza e rinfresca. Un'altra scaglia di parmigiano. Il pranzo latita ma i profumi invitano alla temperanza dell'attesa: pasta al salmone, limone e semi di chia, deinde il mitico polpo alla luciana sono in arrivo. Chianti Classico con pesce. La più piccola é mogia, forse ha la febbre da primo raffreddore stagionale. Matilde invece procioneggia guardando i nuovi Alvin e the Chipmunks. 300 anni dicevo. Quando lavoravo al consorzio - e ieri ho avuto davvero il piacere di riabbracciare persone a cui volevo bene e da tanto non rivedevo - erano i giorni in cui si faceva il restyling del marchio storico e venne proposto di inserire quel 1716 nel logo. A me, forse eccessivamente ancorato a un pedante rigore storico universitario, sembrava un mezzo errore. Lo dico: mi convince ancora poco questo genetliaco a posteriori. Il Chianti lo avevano inventato ben prima, e non lo trovo per niente qualificante ancorarsi a un bando che secondo me aveva convenienze soprattutto politico - commerciali e niente restituisce della complessità umana, paesaggistica e storica appunto dell'ager clantius. Però ieri sera ho capito che, a meno di 10 anni dalla ricorrenza, ci eravamo messi in casa - allora l'albergaccio del Machiavelli, indimenticata sede consortile dove godevo a starci ("il cibum che solum é mio, e che io nacqui per lui!") - l'occasione importante di celebrazioni, attenzioni dei media e dei politici, che spesso nel vino non sono così acute. Mi é piaciuto molto Renzi ieri, mi é piaciuto moltissimo Giani. Mi é piaciuta la concordia partium con cui per una volta si tenterà di vincere quel guelficontroghibellinismo, mentre non mi é piaciuto il solito noioso miope antagonismo al Chianti, al vino Chianti. Gli altri si alleano, sfidano i mercati mondiali insieme, noi siamo ancora a guardarci l'uno nel piatto dell'altro. Comunque, io al Chianti Classico voglio davvero bene. Mi ha accolto giovane virgulto appena affacciato al professionismo. L'azienda in cui lavoro adesso é fra le protagoniste della denominazione. E attorno a questo vino, attorno al Sangiovese spigoloso ma affascinante, elegante e scorbutico ma poi cordiale e costante, fedele a se stesso ma tuttavia voluttuoso con ogni vitigno con cui poi si accoppia, ci ho costruito una vita, una famiglia, affetti, sapori, viaggi lontani, un concetto di casa diffuso. Deglutisco l'ultimo goccio del Rancia, il pranzo é servito: lo assaggio con le penne al salmone (sono buonissime: 7.9 solo perché gravate da un eccesso di sapidità, avrei potuto salire...), le bambine sono a tavola pronte al banchetto, al convivio, al simposio, al favoloso pranzo della domenica che sento forte nei miei geni. Buon compleanno Chianti Classico, buon compleanno anche al mio Rufina, a Carmignano e al Valdarno di Sopra, e grazie di tutto!
Il sottoscritto e l'altro pilastro della famiglia... |
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