"Fratello dove sei" è il titolo di un film parzialmente riuscito - fra i tanti capolavori - dei fratelli Coen, interpretato dal Giorgione di'Clooney. È un film che rimanda alla recherche, alla ricerca, e all'attesa. L'attesa che può essere umoristica, atrabiliare perché vana, di un senso delle cose rivelato, come in un monologo di Moni Ovadia sull'ebraismo. O l'attesa di un nemico che giustifica, assegna un significato a una esistenza altrimenti vacua, come si legge ne "Il deserto dei tartari". O la ricerca di una memoria familiare che ci faccia sentire parte di un tutto, appartenenti e non sradicati, esperita anche semplicemente degustando una madeleine all'ora del tè, come nella proustiana "Ricerca del tempo perduto". Ricerca e attesa, i motori della classica "Odissea", di cui "Fratello dove sei" ne è una strana rilettura. L'"Odissea" è un classico e racconta la spinta contrastante che ognuno di noi coltiva nel proprio animo: l'anelito a un affettuoso ritorno a casa contro il demone dell'ulissismo che spinge a fare giri immensi, cercare la "canoscenza" per non "vivere come bruti". Cesare Pavese esprime questa bivalenza in una frase emblematica del suo odi et amo interiore: "un paese serve, se non altro per il piacere di andarsene". Nell'incommensurabilmente struggente "Nomadi", così canta Franco Battiato: "Camminatore che vai, cercando la pace al crepuscolo, la troverai".
Ricerca e attesa, culto della stasi, ferinità d'azione sono anche le mie sensazioni. E Bisarno è al contempo l'amata Itaca e la voluttuosa Circe, la casa e la pulsione ad abbandonarla. Siamo nell'ennesima fase "matta e disperatissima" che dovrebbe concludersi in un mese circa con la realizzazione dei primi due moduli al piano terra: una stanza letto, un cucinotto e un bagnetto. Metà della facciata è pressoché completata ed è venuta davvero bene. Anche un po' di intonaci e i davanzali delle finestre nelle stanze ristrutturate, rifiniti con il cotto storico che avevamo nei pavimenti.
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