13 maggio 2017

Il mattino leone la sera coglione



Sono partito a mille stamani mattina. Sveglia naturale alle 6.30, la musica in filodiffusione, le mie biostimolanti "5 nocciole di Giffoni su cucchiaio di melata di miele" e il caffellatte caldo mentre tutti dormono: una gran voglia di aggredire la giornata con l'ottimismo dell'azione. Davanti a me elettrizzanti ore da trascorrere a Bisarno e tanti lavori in programma. Arrivo in cantiere presto e con le giuste motivazioni. Bisarno è da qualche giorno anche senza gli ultimi ponteggi e ieri sera, al rientro dagli stancanti ma riusciti giorni lavorativi in Germania, mi si è rivelata splendida e imperiosa, accogliendomi quanto i festosi sorrisi e gli ampi abbracci delle bambine liete del mio ritorno. Tuttavia, ora dopo ora, mi sono ammosciato. Il clima del cantiere è persino più uterino di questo maggio instabile. Portare avanti il mio progetto in questo pastoso pessimismo che accompagna le obiettive complicazioni che accadono è davvero difficile. Degli scavi delle fosse previste in giornata si è fatto meno di metà. Il massetto del porcile lo abbiamo dovuto disfare e rifare perché non in bolla. Ritardi per altri impegni già presi dai professionisti che rischiano di farmi rinviare l'accensione della pompa di calore, vero ago della bilancia cronologia del giorno del trasloco perché l'accensione comporta il test di resistenza dei massetti o shock termico successivo al quale ci sarà la posa della resina. Incastri. Fatto è che l'ottimismo del mattino si è spento nel pessimismo della serata. 
Però...questa sera sono a casa e non in qualche ristorante tedesco. L'odore della cena incombe: mazzancolle sui paccheri! Che donna la mia. Le bambine squittano e giocano fra di loro. Ci berrò su insomma, sperando di ritrovare un po' di entusiasmo domani, "domani è un altro giorno", domenica, dove mi aspetta un po' di lavoro di pala (devo ricoprire i tubi con un po' di terra smossa per evitare che poi la ruspa che andrà a richiudere le tracce accidentalmente ci faccia cadere sopra i sassoni, danneggiandoli...) aiutato dal mio amico Micio. Cena pronta. Si mangia. Si beve. E si ricercano energie per programmare lucidamente questo folle mese che ho davanti, a meno due giorni dai mie primi quarant'anni. 

11 maggio 2017

Berlino e la Ruhr


Berlino mi ha accolto nella magnifica e nuova Hauptbamhof, la stazione centrale. Una giornata fredda e ventosa che progressivamente si è fatta tiepida e soleggiata. Sono stato trottolato dal locale agente, un berlinese dinoccolato e molto alternativo, per tutto il giorno lungo ristoranti ed enoteche, locali berlinesi e soste gastronomiche di varia ispirazione a raccontare i vini Ruffino e a conoscere i titolari, spesso persone giovani e molto motivate nel loro lavoro. Percorrere così di fretta e senza un attimo per me stesso la città, una città che conosco davvero bene e a cui ho legato tanti ricordi da fidanzato, da babbo (memorabile una vacanza a ottobre 2013 con una strepitosa e divertentissima Matilde dueenne) e da professionista (Berlino è una città molto importante per il mercato tedesco di Ruffino) è stato come un riaprire una porta nel passato costituita da tanti episodi forti e intensi. Penso anche che la mia passione per l'architettura e il design sia sbocciata qui e qui abbia trovato negli anni spunti fertili per affinarsi e consolidarsi. La giornata si è conclusa con una cena a Potzsdammer Platz, non il mio quartiere preferito della città. A parte la cena ottima, di afflato siciliano, mi ha fatto enormemente piacere ricevere i complimenti per il libro "La Toscana di Ruffino" da parte del proprietario,  che lo tiene in bella vista in uno dei ristoranti bene della Berlino borghese. Due passi nel vento di nuovo gelido prima di andare a letto. L'indomani, dopo un discreto risveglio all'alba ho preso di nuovo l'aereo per Dusseldorf. Una ora e mezzo di ritardo bloccato in aereo. Arrivo a Oberhausen e passo uno delle giornate più lunghe a visitare, città mineraria dopo città mineraria, gli Edeka attorno a Bochum in compagnia del rappresentante di zona. Non ero mai stato nelle città di cui conoscevo solo le celebri squadre, lo Shalke04, il Borussia Dortmund, il Bayern Leverkusen, il Fortuna Düsseldorf, il Bochum, ma effettivamente mi ero perso poco. Davvero stanco, la sera ho avuto la fortuna di imbattermi nel quartiere giapponese di Düsseldorf, il terzo per numero di giapponesi presenti in Europa, e di gustarmi un terapeutico sushi con birra Asaki. Cuffie nelle orecchie, passeggiata post cena per favorire la digestione, e ora a letto: domani si torna a casa!






9 maggio 2017

Gli asparagi, Amburgo e il sogno Champions


Asparagi bianchi. Oggi ne ho incrociati di ogni fattezza e dimensione. È stagione qui ad Amburgo e stasera, a cena da solo come mi capita spesso e mi piace sempre di più, ho trovato un bistrot minimale e un po' chic, come mi capitano sempre più spesso e mi piacciono sempre di più, che ha ben pensato di impostarci il menù odierno: in zuppa e poi bolliti e serviti con la salsa olandese. Ci bevo Riesling, di queste terre un po' più a sud, la mitica Mosel. Sono stanco. La giornata è stata lunga, non quanto l'interminabile viaggio di ieri concluso in un grottesco ristorante italiano gestito da un indiano col prepotente senso degli affari, diciamo così, e una successiva notte poco riposante causa nausea che si è protratta anche durante la giornata di oggi, trascorsa a fare i cosiddetti store-check con l'agente locale, gradevolissima persona che mi ha scorrazzato di Edeka in Edeka (una sorta di Esselunga) mostrandomi con orgoglio suo (e mio!) la presenza di Ruffino in questa splendida città del nord Europa. Splendida e inspiegabilmente ignorata nei grand tour più a la page. Io ci sono già venuto quattro volte, ad Amburgo. La prima e più significativa in una meravigliosa vacanza a quattro con Neri e Silvia, ai tempi in cui giovincelli e sine prole si scorrazzava curiosi ed entusiasti per il Medio Oriente e l'Europa. Erano i primi giorni di un anno miliare per me, il 2007: avevo appena accettato l'incarico alla Ruffino che sarebbe iniziato il prossimo venturo 22 gennaio. Vivevo sospeso, come mi capita spesso, fra il dispiacere di essere volato via dal mio nido lavorativo, il Consorzio del Chianti Classico, e l'eccitazione per il mio ingresso nella grande Ruffino. Di lì a pochi mesi avrei compiuto 30 anni e avrei acquistato la casa di San Francesco. Due passi enormi per me e per il mio piccolo ego d'allora. Oggi, 10 anni dopo, ho avuto il piacere di rivisitarla, seppur di fretta e di lavoro. Di qui a pochi giorni compirò 40 anni (ahimè...) e a breve abbandoneremo la casa di San Francesco per trasferirci a Bisarno. Due passi giganteschi per il mio complicato ego di oggi. C'aveva proprio regione Vico. Corsi e ricorsi. Dieci anni fa, appena arrivati da Lubecca nella Stazione Centrale ci orientavamo a fatica (e cercavamo l'est in cielo), la casa - ci avevano scritto in un foglio di carta - aveva le chiavi accanto all'estintore fuori dall'edificio ma la parola estintore non era stata tradotta e, nel panico e con reazioni poco lucide, pensavamo di aver preso una fregatura e di non avere alloggio: oggi appena arrivo a destinazione mi connetto su google maps, ho anche la fortuna di aver imparato un pizzico di tedesco e soprattutto a muovermi con una certa disinvoltura (dopo le figure meschine e ingenue come quella di 10 anni fa) fra i grovigli organizzativi e le complicazioni logistiche delle varie città del mondo. Si, in questo sono proprio bravo, quasi una macchina. Eppure mi piaceva molto di più, rispetto all'attuale metodica funzionale abilità comportamentale, l'entusiasta spaventata spontaneità con cui mi approcciavo al viaggio. 
Sono arrivati gli asparagi, i weiss spargel. Buoni cazzo. Forse dovrei smettere di scrivere a tavola curvo sul telefono. Quanto mi piaceranno? Anche loro sono un ortaggio sospeso, a metà. Un po' mi somigliano. C'è pure uno schermo gigante qui al ristorante. Già: è appena iniziata la semifinale di ritorno di Champions. La Juve, che ohibò andrà a vincerla la coppa con le orecchie. Mi perdo. Per un attimo penso che la gioia che proverei - assoluta, pazza, dionisiaca, infantile, fertile, orgiastica, panistica - in caso di una vittoria della Fiorentina - uno scudetto o lo champions vanno bene entrambi - non la esperirò mai. Non mi toccherà. Immagino me e i miei compagni di tifo (ben più che amici) a piangere di felicità sudati fradici. A picchiarci increduli come primati. Come è capitato in eccitanti ma effimere vittorie di tappa. Una imago estatica dal profumo ambrato del sogno e del piacere più intenso che la voce crucca e gutturale della coppia di tedeschi qui accanto a me fa svanire e spezzare immediatamente, riancorandomi ai loro fastidiosi pedestri dankische al cameriere indiano. Chiedo anche io il conto. È l'ora. E domani Berlino, la mia Berlino. 

8 maggio 2017

Di nuovo in volo...

E così, alla fine, sono riuscito a salire su un aereo per Amburgo. Traffico, scioperi, malattie. Una serie infinita di concause mi ha tenuto a terra dallo scorso novembre. Una anomalia vissuta in apnea dal rientro dal Canada, i primi di novembre, fino a questo freddo maggio, fra le beghe di cantiere, noie di salute e urgenze lavorative. Anche stamani non è stato così semplice volare via dall'Italia, come se l'artista del destino avesse determinato di ancorarmi al cantiere e mi impedisse di riappropriarmi della mia vagabonda normalità: una nottataccia della più piccola alle spalle, la coda per un incidente che ha vanificato il risveglio all'alba, l'aereo perso, la difficoltà di trovare una nuova soluzione di volo (e oggi ho conosciuto un tesoro di nome Elisa che mi ha risolto tutto), le tante telefonate sollevanti questioni dal cantiere. Magari è bene che adesso me ne stacchi un po' e mi concentri sul viaggio: mi sembra quasi che più tempo passo a Bisarno e più aumentano i problemi, i dubbi, le incertezze, come se la mia presenza - peraltro ben poco preparata sulle tematiche per cui sono continuamente interrogato - complicasse e rallentasse invece di sciogliere e snellire una operatività continuamente frenata. Vediamo, e speriamo. E allora ben venga questo volo, questo viaggio teutonico, questo allontanamento dal vulnus. Anche questa settimana dovrebbe portare auspicate novità. Su tutte, la rimozione, dopo quasi 15 mesi, dei ponteggi. Le facciate, almeno la parte apicale, sono concluse e si può rimuovere quel brutto ma necessario abbraccio di metallo. Inoltre speriamo di fare un altro bel tratto dei lavori di scavo per l'impianto idraulico. Domani poi si dovrebbe iniziare anche l'installazione della pompa di calore. E venerdì spostiamo l'armadio da casa vecchia a casa nuova.