11 marzo 2017

L'ubertosa fioritura dei susini.



Il susino selvatico in piena fioritura.
In un sabato primaverile per le profumate temperature e invernale per il gelido tramontano, con Bisarno ingentilito dalla ubertosa fioritura dei due susini, si sono concluse alcune finiture nelle murature esterne, versante aia, che erano rimaste in sospeso.



Altro dettaglio del susino.

Prima di tutto, l'arco della cucina è stato liberato dalle vecchie murature laterali ed è emerso in tutta la sua larga e alta bellezza: anche le mazzette, le colonne che lo sorreggono si distinguono per la loro composizione monolapidea in alberese.


Il nuovo vecchio arco ripristinato, senza le mazzette laterali ora in tutta la sua ampiezza!

L'arco da dentro con vista sulla porta del fienile.

Accanto al grande arco, sono stati conclusi anche gli occhi di Bisarno, i due finestroni della sala: a uno mancavano un architrave e un davanzale.
 

Si finiscono anche gli occhi di Bisarno, le finestrone sulla sala.


Ancora un po' più verso Montebonello, sempre nello stesso versante e nella stessa area muraria delle finestrone, sono state rifinite delle ultime murature accanto al barbacarne (uno sprone murario di sostegno) iniziato e poi interrotto più volte dallo scorso agosto. Adesso mancano le stuccature che uniranno e concluderanno il tutto.



E si conclude anche il barbacane!







10 marzo 2017

Il rabdomante e gli intonaci: si parte davvero.

Alle 8.10 squilla il telefono. Il capocantiere strepita: "Non riusciamo ad aprire l'acqua. Gli intonachini non possono lavorare. Chiama l'idraulico: io l'ho già chiamato e mi ha detto che non può venire adesso - come facciamo?". Nel mentre le bambine tossiscono senza smettere. Sono solo in casa perché la dolciastra mia metà è in direzione La Spezia a tonitruare in udienza. Già è così complicato fare il babbo da solo e oggi c'è anche da addentrarsi nei medicamenti a cui le bambine sono sottoposte. In più l'ennesima bega di cantiere. Chiamo il direttore dei lavori per avvertirlo dell'empasse - penso: ma perché non lo hanno chiamato direttamente loro? - e preparo le colazioni: l'una diversa dall'altra ed entrambe le bambine che la rifiutano una volta servita. Ingurgitato il mio latte e ustionatomi il palato per la celere deglutazione, telefono all'idraulico e in sincrono mi arrabbio per i ritmi blandi con le quali le piccole pesti smoccicanti si approcciano flemmatiche e indolenti al primo pasto del giorno mentre al telefono cerco di cucire una relazione propedeutica un salvifico e taumaturgico sopralluogo. Parlato con l'idraulico - l' auspicato rabdomante - e ottenuta una visita "forse nel pomeriggio, non prima", richiamo il capocantiere mentre tergo i miei e i denti altrui. Lapsus: non ricordo i colori degli spazzolini altrimenti identici delle piccole e le bambine ne approfittano per imbastire un ciarliero gioco: "Babbo indovina: quale è il mio?" - "E il mio?", echeggia l'altra con sintassi incerta ma tono adamantino e irriverente. Il telefono ha già perso il 55 per cento di carica. A Bisarno la soluzione per il ripristino idrico sembra non trovarsi più e si fanno ormai ipotesi delle più disparate, complottistiche e pindariche. Acqua che peraltro fino alla sera del giorno prima scorreva regolare. Anche stamani si va verso l'ennesimo rinvio dell'inizio delle intonacature, bofonchio fra il triste e lo scocciato intra me. Non mi va di arrendermi. Disperato mi aggrappo a ogni mezzo per cercare di risolvere la situazione acqua, fondamentale ovviamente per fare il premiscelato e spararlo nelle pareti. Quindi, nevrotico, continuo il mio giro di telefonate, il telefono adesso attaccato al caricabatterie che mi imprigiona come un cane la catena. Impreco. Concilio. Lavo. Minaccio. Vesto. Compio esercizi di respirazione. Poi, d'improvviso, vagliata e accolta dal "politburo di Bisarno" anche l'estrema suggestione di un tubo rotto a monte, di pertinenza della fattoria (quindi buonanotte...), arriva quasi dal cielo l'ennesima chiamata del capocantiere, adesso recata con voce flautata e quasi mistica: "Tutto ok FRANCO, non avevamo girato bene il rubinetto che era un po' duro". Prendo il mio pouff e inalo, molto profondamente e con studiata lentezza. Si! Finalmente siamo partiti con gli intonaci. Ma un pezzo di me se ne è andato, immolato alla causa.

8 marzo 2017

"NO intonachini".

Si fa sera.
Niente da fare. Ennesimo rinvio sul giorno di inizio degli intonaci. Che palle. Oggi tornando da Milano gongolavo all'idea che finalmente, dopo due "si inizia" sistematicamente traditi, la terza promessa di inizio lavori avesse davvero lieto fine. Nulla: un "whatsappino" del neo-tecnologico babbo, laconicamente digitato durante il suo sopralluogo di cantiere mattutino su uno dei quattro gruppi destinati a Bisarno (il "Bisarno murature", gli altri sono "impianti", "burocrazie" e "progetti"), mi ha restituito all'arido vero della vita di cantiere: "No Intonachini". Neanche oggi. Dicono che sarà venerdì. La quarta promessa di inizio. Vediamo se questa sarà davvero la volta buona. 
Nel mentre, era stata dimenticata una traccia per il water nel bagno su piccolo. L'ho fatta tracciare prendendo al volo le misure dall'idraulico ricevendo chiamate allarmate. Domani l'elettricista passerà tutte le forassite anche al piano terra e verrà gettato il magrone. Ultime procedure murarie e di impianti in attesa dei novelli Godot di Bisarno: gli intonachini.

Le tracce per il bagno piccolo.



6 marzo 2017

Trainspotting e Francesco: 1997-2017.


La locandina del primo grande film


La compianta nonna Fedora asseriva sempre con convinzione quanto fossi venuto bene in questa foto qui sopra con gli amici. Quella foto altro non era che la locandina originale di Trainspotting, ancora oggi appesa nella mia camera da ragazzo dopo averla scovata nel 1997 al mercato dei dischi a Camden Town, durante il mio breve soggiorno londinese. Avevo vent'anni e la nonna mi aveva scambiato per uno dei protagonisti di quel capolavoro che mi si era tatuato addosso, almeno quanto "Ok Computer" dei Radiohead, uscito sempre quell'anno e vissuto sempre in quella febbrile Londra. "Spud, nonna, si chiama Spud ed è un attore. Non sono io". "Siè nanni, tu sei proprio bellino anche con gli occhiali". Il più brutto della gang, Spud. Non Ewan McGregor, non Sick Boy, ma Spud. In effetti una certa somiglianza c'era, c'è sempre stata. E non mi sono mai sentito offeso. Ogni personaggio di quel film, ogni canzone, mi ha accompagnato e segnato. Spud era peraltro l'unico, di quel gruppo di disperati eroinomani, ladri e sgangherati, che provavano a darsi un senso, a scegliersi una vita, in una Edimburgo dai sapori kenloachiani. L'unico, appunto, che mostrasse sensibilità quasi umanistiche. E questa umanizzazione di Spud viene ingigantita nel seguito del film, "Trainspotting 2" che ho visto sabato sera. Spud infatti annota in pizzini tutte le avventure, tragicomiche, vissute dai vari protagonisti, e verrà incentivato alla pubblicazione di queste storie da una nuova protagonista, una ragazza bulgara che fa la fidanzata di Sick Boy. In T2 "tutto deve cambiare affinché niente cambi", a parte la rugosa lancetta del tempo. Stesso regista, Danny Boyle - che nel mentre è diventato un regista di culto e ha fatto altri film ganzissimi, io cito "The Beach" e "28 giorni dopo" - e stesso cast, fra cui il mio alter ego Spud, Ewen Bremmer, ora quarantenne, qualcosa in più, e spero converrete, invecchiato un po' peggio di me.Stessa sapienza scenografica ricca di citazioni. Ritmo e mano quasi da videogame. Ennesima raffinata, accurata e lisergica colonna sonora. Medesimi personaggi, ora quarantenni  ma come allora complessi, chiaroscurali, non risolti a popolare una storia di amicizie tradite e negate in una Edimburgo ancora più ingrigita da una tecnocrazia globale e reificante di quella raccontata nel primo episodio. Sabato sera mi sono intanto goduto T2 e il ricordo del primo e del Francesco che ero e che per molti tratti sono ancora. E se come Renton alla fine sono sempre lì, a Edimburgo o a Pontassieve o a Itaca coi soliti amici e le solite velleità, le solite paure, le solite aspirazioni, i soliti grandi sogni, ancora tanti entusiasmi, beh, allora vuol dire che non siamo diventati tutta cenere dalle tante fiamme che ci ardevano. E se ancora poco abbiamo risolto di questo groviglio che ogni giorno ci affatichiamo a dipanare, cosi come niente risolvono i protagonisti rivolgendosi alle dipendenze, alla fuga o alle truffe (tutti, tranne Spud in T2, rimangono dei "vinti") per lo meno non abbiamo rinunciato alle nostre battaglie e abbiamo sempre continuato a "scegliere la vita" in un modo personale e unico.


Spud nel primo episodio.

Spud quarantenne nel secondo episodio.

Il manifesto del primo film.