14 ottobre 2016

Food and Book Festival con La Toscana di Ruffino



Di rientro dalla Germania, un viaggio stancante ma molto gratificante come esperienza di lavoro e anche umana, dopo un venerdì fra l'ufficio e Bisarno (mancavo da 4 giorni in cantiere, astinenza pura...), mi appresto a un'altra presentazione - molto emozionante invero - del libro: sono stato invitato al più importante festival di letteratura gastronomica, il Food and Book Festival di Montecatini, come ospite relatore per il mio libro. E così domani mattina, io e Sandra Pilacchi ci apprestiamo, "sesto dopo cotanto senno", ma anche settimi, ottavi a dirla tutta, a raccontare le storie di gusto e vita, di aneddoti e profumi, di nostalgia e affetto che abbiamo cercato di far vivere nella carta con La Toscana di Ruffino insieme a Officina Grafica e a Stefano Caffarri, persona squisita e coltissima che sento molto affine a me di cui sto leggendo con immenso piacere intellettivo il suo "Magon".
Come é palesato dalla foto qui sotto davvero io sono ospite indegno, "di me medesmo meco mi vergogno", ma sono comunque felice di aver l'occasione di esserci...
Un grazie quindi agli organizzatori che hanno pensato a noi: dall'associazione Leggere tutti alla casa editrice Agra Editrice fino a Sergio Auricchio che mi ha personalmente cercato e contattato, altra persona deliziosa e di impianto umanistico a cui sono molto grato.  E ci vediamo domani alle 11, a Montecatini, orchestrati dal grande Sandro Capitani.
Beh, volti ben più noti e celebre del mio domani a Montecatini.

13 ottobre 2016

...Dresden.

La cavalcata wagneriana, l'iter pannonicum, i giorni di lavoro in Germania sono proseguiti con l'ascesa in auto verso Dresden. 
Autostrada molto bella e a metà tragitto circa ci siamo fermati a un autogrill ben organizzato che però aveva i tornelli per i bagni e che ha preteso un ticket di 70 centesimi per permettere la necessaria minzione. Cappuccino indecoroso mentre cookie niente male, dominato dal burro e dal cioccolato ma gradevole.
Una pioggerellina costante e fredda, oserei fra il sovietico e il bladerunneriano, ci ha scortato fino all'arrivo in questa malinconica e grigia città che rivela una bellezza barocca ingrigita, bombardata, sofferente. Ho passeggiato per poche decine di minuti il centro storico sviluppato attorno al fiume Elba. Dresden é chiamata la Firenze della Germania e in effetti, mutatis mutandis, qualche analogia l'ho vagamente intravista. In effetti c'é un bel fiume, Elba, ci sono palazzi, chiese - la più importante ricostruita totalmente dopo i bombardamenti del 1945 - tanta arte, parole meravigliose tedesche come kunst dappertutto. Poi ci sono le persone. Per me sempre l'aspetto  più interessante di un viaggio insieme alla ricerca delle radici gastronomiche. Sono schiavo di questo mio voyeurismo. Penso al film "La vita degli altri", capolavoro assoluto. Gli anni della stasi. Pensavo a Berlino, in certi quartieri, di aver esperito certe sfumature, certe peculiarità, anche certe sofferenze del tedesco della DDR. Passeggio per Dresda e vedo un cartello con la scritta "Spioni", una retrospettiva sugli anni della stasi al museo della guerra della cifra. Sono infastidito che per raccontare una piaga propria del regime postbellico tedesco abbiamo sentito la necessità di ricorrere a una parola italiana. Comunque, dicevo, le persone. Ecco, soprattutto la midlle class dei cinquantenni, quella che ha vissuto il passaggio fra i due mondi, appena ha assaporato la possibilità di volgersi al capitalismo, ai modelli fatui del benessere, ci si é buttata con fare bulimico, ma ben presto si é accorta di non averne le architetture storico-psicologiche per sostenerlo. L'aspetto é quello di persone confuse, che hanno trovato il benessere e l'affermazione personale ma che hanno anche fatto fatica, e i segni estetici e di vestiario lo dimostra, a vivere questo mondo nuovo, a fluire nelle "magnifiche sorti e progressive" della Germania post crollo muro. La cena di lavoro conclusiva si é svolta in uno sfarzoso e decadente hotel a 5 stelle in stile neobarocco in pieno centro che ha fatto un po' da correlativo oggettivo di quanto scrivo. Queste riflessioni me le hanno fatte una coppia di giovani, trentenni con figli ormai bambini, che mi raccontava o dei loro genitori e di quanto per loro fosse già diverso, più naturale, affermarsi come professionisti nell'est, senza rincorrere il modello capitalistico, senza tradirsi per forza. Una coppia molto piacevole, che ha costruito una sorta di hotel nel nulla, come dicono loro. Fuori ho osservato la magnifica Dresda distrutta dalle bombe incendiarie che hanno mietuto il più alto numero di vittime in una città tedesca, osservato chiese e palazzi diruti, alcuni ricostruiti ex novo come la barocca Fraukirchen, altre cristallizzate nella loro distruzione, altre ancora conservate nell'esterno principesco (le bombe erano incendiarie e bucavano le pareti per incendiare gli interni) e all'interno completamente rimurate in calce. Ogni tanto un palazzo in vetro, parallelepipedo perfetto, ricordava gli anni del socialismo sovietico in architettura. Una città strana, direi malinconicamente bella, che vale la pena di conoscere, e che mi ha lasciato un senso di amaro, di cupo, quando la bellezza é nella sua stessa necrosi. Chissà mai se ci tornerò, ma Dresda mi ha toccato in quel poco che mi si é manifestata. 

10 ottobre 2016

Munich und...

La settimana é teutonica. Con un cavalcata wagneriana sopra il traffico fiorentino, con l'alba che fatica a imporsi sul cielo grigio primoautunnale, sono giunto verso il nostro piccolo aeroporto fiorentino per volare prima a Munich poi a Dresden.
Munich mi restituisce ormai quasi una atmosfera di casa. Vabbé, tralascio l'aeroporto Strauss - fedele quanto funzionale hub per traversate oversea. La prima volta nella stadt fu per caso: una violenta nevicata ci bloccò per una notte nella capitale bavarese in transito per Instabul. Febbraio 2005, il primo viaggio che feci con la reflex digitale, punto già da qualche anno da vaghezze fotografiche. Poi Munich mi ha chiamato altre tre volte: in una aiutai un collega (ben più bravo di me, io mi dedicai a fare foto e a mettermi in posa a riceverle) ad allestire una "bella notte italiana", una cena offerta a clienti e stampa e preparata in una scuola di cucina locale. Si narra ancora del mio leggendario tiramisù, un pizzico troppo dolce visto che mi erano state decuplicate le dosi dello zucchero e quindi ancora più energizzante. Ma in assoluto la mia Munich più divertente fu a seguito della Fiorentina in Champions League, con Prandelli, Felipe Melo, Mutu, Jovetic, una Fiorentina che aveva ancora voglia di crescere e spendere che, tuttavia, all'Allianz - che invidia rispetto al derelitto Franchi - prese un sonoro 3 - 0. Ero con altri due amici, avevamo trovato i biglietti solo nella curva del Bayern, quella del tifo caldo. In effetti, non ci avrebbero manco notato se, indispettiti per il risultato, adusi a grugnire irosi e blasfemi quando si tratta di guardare la Fiorentina, sul 3-0 per loro un falletto sulla mediana di Felipe Melo su Ribery, imprendibile quanto inguardabile ala del Bayern, non avesse generato in quest'ultimo un volo artificioso e plateale e in sincrono uno strepito di dolore farlocco ed esagerato. Ammonizione. Ribery rantola finto. Melo che si giustifica fra i fischi. Il mio amico si indispettisce, si erge in piedi e urla rivolto al pubblico bavarese, fino ad allora attento più ai boccali che alla partita ed eccitato soltanto da qualche coretto mal organizzato: "Eh, Ribery swimming pool", mimando un plateale tuffo ed ergendosi novello Farinata fra i fan crucchi. Ed ecco che questi si destano, alzano il capo. Cominciano a urlarci contro. L'impropero che ricordo ancora, l'unico che ho forse compreso in quei concitati attimi é un"Italiano raus!", italiani a casa! E nel mentre che io mi scusavo, annuivo umile, balbettavo col mio inglese, l'altro continuava in un crescendo appunto wagneriano con la sua rabbia contro tutto e tutti, tedeschi compresi. 
Questa é quindi la mia quinta volta. In questi giorni ho ritrovato una Munich organizzata, benestante, comunque mediterrenea ma con qualche problema in più, profughi, facce disperate, traffico. Ho conosciuto molti professionisti della ristorazione, molti italiani c'è qui ormai hanno vita e famiglia. La cena finale si é svolta nella torre della televisione (uguale identica ad Alexander Platz a Berlino, chi l'avrebbe mai detto!), un ristorante che gira su stesso offrendo una vertiginosa vista sulla città e le montagne vicine. Una esperienza di lavoro divertente ma non semplice, dopo una giornata a giro per visite di lavoro e dopo il primo giorno di degustazione insieme ai colleghi del Consorzio Chianti Classico.