In ogni fattoria si trovava tutto il necessario per
condurre una vita dignitosa. L'orto garantisce verdure di stagione tutto
l'anno. Le galline razzolano nell'aia. I maiali sguazzano nel trogolo dentro la
porcilaia. I conigli si agitano nelle loro gabbie. I vitelli ruminano nelle
mangiatoie nelle stalle di casa. Si coltivano cereali e alberi da frutto. Si
panifica il pane nel forno a legna con le farine macinate nel molino della
comunità. Si beve acqua dal pozzo e il vino delle vigne attorno. Se vi sono
olivi, si condisce e si conserva con l’olio d’oliva, stoccato negli orci in
terracotta. Si zucchera con la zucca. Il sale è un bene prezioso e manca quasi
sempre e si fanno essiccare le erbe aromatiche per insaporire i piatti. Per le
occasioni speciali, le feste religiose, la nascita di un figlio maschio, ci si
concede anche il lusso di mangiare un po’ di carne, non solo il “quinto quarto”,
e degustare anche del dolcissimo Vin Santo, le cui uve sono state fatte
appassire nel fienile dove si stocca il grano. Non manca neanche la cappelletta
dove pregare o, al più, un piccolo tabernacolo votivo con una immagine sacra.
Durante la bella stagione la vita si svolge quasi esclusivamente all’aperto. La
giornata del resto è solo fatica nei campi. Quando è ancora caldo è l’aia il
perno sociale: di giorno ci si ammassano i covoni di fieno per la battitura, il
mangime per gli animali, i bambini giocano, le donne filano e fanno i
"lavori", appoggiate su sedie in vimini. D’inverno la vita della
famiglia si sposta dentro casa: riparazioni, attività manuali di vario genere,
la manutenzione della casa, sono lasciate ai giorni di pioggia, o alla stagione
fredda. A lavori conclusi, ci si stringe attorno al camino, col paiolo di rame
sempre sul fuoco, abbrustolendo qualche castagna e raccontandosi la giornata.
E’ questo un mondo che si è plasmato dal Medioevo a
partire dai primi insediamenti nelle cosiddette case-torre, strutture in pietra
turrite e altamente fortificate e si è affermato poi durante il Settecento e
l'Ottocento, quando alle case-torre si sono poi affiancate le fattorie
leopoldine, pensate dal granduca di Toscana Pietro Leopoldo dei Lorena. In
concomitanza coi primi insediamenti le famiglie contadine sono state
organizzate attraverso il cosiddetto sistema mezzadrile: la mezzadria era un
contratto di lavoro in virtù del quale un proprietario terriero affidava in
gestione le sue terre a un mezzadro, dividendo il raccolto. A sua volta il
mezzadro organizza le terre avute in concessione a famiglie, punteggiando così
la campagna di piccole comunità contadine.
La fine a metà Novecento del sistema mezzadrile ha
piegato la compattezza della civiltà contadina ma non la ha del tutto spezzata.
Certe arguzie, gli occhi vispi, l’arte dell’arrangiarsi e del non buttare via
niente, il significato di famiglia, il desinare e la cena presto con mangiari
sostanziosi e di gran gusto, un amaro e ironico disincanto, il bello necessario,
accogliente ed essenziale delle case di campagna, l’invenzione di parole che sono
oggi parte della lingua italiana, sono alcuni fra gli infiniti lasciti della
civiltà contadina e della vita dei campi che sono parte vivace e inconfondibile
e assorbita del nostro modo di essere.
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