9 aprile 2017

La tartaruga, Vinitaly e una veloce lentezza.



Questa sera, alle 22.00 del 9 aprile ho cominciato il trasloco per Bisarno. Vestiti invernali, che ho migrato dall'armadio verso una scatola di cartone per adesso addossata al nostro letto. Lentamente, senza subire la fretta che ci attanaglierà nei giorni di passaggio fra fine maggio e inizio giugno. Sì: é ufficialmente iniziata la lunga transizione verso la nuova casa. Mi ha fatto effetto, molto, come le parole della "Tartaruga" di Bruno Lauzi che le bambine adorano, e che solo oggi - sarà un caso? - ho ascoltato attentamente nel viaggio di ritorno dopo un breve ma riuscito detour al mare di Castiglioncello. Dice la canzone che, una volta, la tartaruga fosse un animale che correva veloce. Fin quando non ebbe un incidente, "si rompe qualche dente", e nel rallentare "trova la felicità": "un bosco di carote, un mare di gelato che correndo troppo non aveva mai notato", e persino l'amore: "un biondo tartarugo corazzato". Una favola con morale sotto forma di allegra canzonetta per bambini che ho proiettato su di me, sulle mie ansie, sulle mie volontà di controllo e sulle mie preoccupazioni, tutte vissute a pieni ritmi, "correndo troppo" appunto: e se rallentando non trovassi anche io la mia felicità? I miei equilibri? In ogni mia situazione: nel restauro di Bisarno, ma anche a lavoro, rifletto mentre preparo la valigia per il Vinitaly di domani. Con quanta smania ho sempre affrontato i Vinitaly, soprattutto i primi, per esempio? Quasi come se per me avesse sempre contato il dover esserci, il salutare tutti, il voler partecipare al circo, il cercare di essere un ingranaggio che non cigola. Questo sarà il Vinitaly numero quattordici e i miei approcci sono lentamente cambiati, edizione dopo edizione. Il primo, ancora stageur al Chianti Classico, ebbi l'onore di salire per una mezza giornata, il venerdì, e ancora ricordo l'emozione di quella conquistata prima volta. Non riuscii neanche a fare troppi assaggi: mi imbarazzavo a chiedere. E che fila al ritorno in auto. A Vinitaly ho vissuto Velenitaly. Ho subito un attacco stupido dal Corriere della Sera sui Tavarnelli di Montalcino. Una volta col mio collega Damiano ci siamo trovati a dormire in una stanza di universitarie che avevano lasciato la camera senza cambiare lenzuola, togliere le spazzole accanto al lavabo, svuotare i comodini e pulire la cucina e la casa. Un anno presentammo un Syrah buonissimo, oggi neanche più in portafoglio, al ristorante di Giovanni Rana in un folle fuori salone. Durante uno dei miei Vinitaly é morto Giovanni Paolo II: quel giorno una Fiorentina oscena e sgangherata pareggiò 3 a 3 con la Juve. Gran gol di un giovane Pazzini, peraltro. Al Vinitaly rivedo amici da tutta Italia e saluto colleghi dal mondo. Questo aspetto mi ha sempre sedotto. La sera Verona poi é bellissima. Nel 2011 durante una passeggiata notturna, stranito per l'imminente rivoluzione che avrebbe riguardato a breve la mia vita, osservavo la vetrina di un negozio di abbigliamento per bambini, "Le petit bateau": di lì a pochi mesi sarebbe arrivata Matilde. Penso alle volte in cui sono riuscito a godermi uno spritz prima di ingaglioffarmi in cene dove si gusta cavallo e ci si appesantisce con l'Amarone, che manco mi piace, e a godere della compagnia dei colleghi. Lo scorso anno avevamo dato il lá alla splendida avventura de "La Toscana di Ruffino" con una presentazione in mezzo al caos, dove ricordo dovetti urlare per farmi sentire. Ma che emozione! Il nuovo stand di due anni fa, che sostituì il vecchio che proprio non potevo vedere: sembrava un ospedale con quei toni bianchi e le luci al neon. Ora il nuovo padiglione  è fra i più belli della fiera e racconta con eleganza e stile "la vita Ruffino". Il primo Vinitaly da Ruffino, il quarto in totale dopo i primi tre da galletto nero, trascorsi tutte le cene insieme agli ex colleghi del Chianti Classico: certo non ci feci bella figura coi nuovi, ma quanto mi mancava il Consorzio. Al secondo Vinitaly, ancora non coinvolto professionalmente, salii a Verona per puro divertimento e voglia di assaggi insieme all'amico Roberto e dormimmo in un convento in mezzo alle suore. Un anno il clima aziendale era così peso che evitai accuratamente ogni cena. Un altro mi presero in giro perché mi muovevo con un impermeabile beige di due taglie sopra che avevo ereditato dal nonno deceduto e obiettivamente mi stava enorme, oltre a farmi apparire fuori dal tempo. Per questo Vinitaly vado con una spavalderia e sicumera tale da permettermi una giacca rosa. 
Eh si, quattordici Vinitaly sono tanti, ma in fondo sono contento di averli vissuti tutti e progressivamente di aver saputo acquisire una veloce lentezza. Come la Tartaruga e come spero di trovare anche per Bisarno e per tanti altri aspetti della mia vita privata e del mio carattere.

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